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Pajno, il jolly sconosciuto nel mazzo del Quirinale

L'ipotesi del giurista per sbarrare la strada a Renzi. Ma il leader Pd: "Magari, così Di Maio sarebbe sepolto"

Pajno, il jolly sconosciuto nel mazzo del Quirinale

L'idea era il triangolo delle Bermuda, quel tratto di mare nel nord dei Caraibi, dove secondo le leggende dei marinai ogni tanto scompare un veliero o un bastimento. Il triangolo in questione, invece, riguarda un'area dei Palazzi romani dove doveva perdersi la fregata del Pd, il tempo necessario per un ammutinamento che aveva un unico obiettivo: gettare ai pesci l'ex capitano Matteo Renzi.

Questa zona estremamente pericolosa della mappa del potere ha al suo vertice nord il Quirinale di Sergio Mattarella; nel suo vertice di destra Di Maio, Fico e la Casaleggio associati; e, in quello di sinistra, la minoranza del Pd - cioè Orlando, Emiliano, Franceschini - alleata con un pezzo di mondo renziano, entrato nell'orbita del Colle, a cominciare dal reggente Martina. «Ma non solo - è l'elenco pignolo che la vittima designata, cioè Renzi, ha fatto alla ciurma che gli è rimasta fedele - ma anche Veltroni, Gentiloni. Tutti insieme per fare il governo con Grillo e mettere in minoranza il centrodestra».

Ora non è che a Renzi importi granché che il centrodestra sia all'opposizione o meno; quello che non lo convince, anzi che considera un gesto da kamikaze, è mettersi in mano a Di Maio e ai 5stelle. Una mezza follia che puoi spiegare solo se vuoi garantirti il presente e il prossimo futuro in una posizione politica appropinquata al Potere. Non per nulla in quell'area, sotto l'egida di un «giornalone» come La Repubblica, c'è il più alto concentrato di possibili successori, o con l'ambizione di succedere, a Mattarella al Quirinale (da Gentiloni a Franceschini, a Veltroni), pronti, nei loro disegni, ad annusare e a farsi annusare da quegli animali strani che sono i grillini. E il primo round (ce ne saranno altri) di questa «operazione», prevedeva proprio un gioco di sponda con Di Maio per Palazzo Chigi. Lo scontro cruento che c'è stato nell'ultima settimana nel Pd aveva come posta proprio l'intesa tra Mattarella, i 5stelle e questa parte del Pd. Ancora Renzi: «La verità è che avevano fatto l'accordo e io li ho sgamati. Per questo si sono arrabbiati tanto».

Per silurare l'operazione, l'ex segretario del Pd ha ripetuto quello che, sull'altro versante, ha fatto Silvio Berlusconi per bloccare l'intesa 5stelle-centrodestra: il Cav ha messo in piedi il siparietto al Quirinale, dando degli «anti-democratici» ai grillini; Renzi nell'intervista a Fazio li ha trattati come una sorta di «baby gang». Entrambi davanti alle telecamere e, quindi, al Paese.

L'altro Pd, quello di Martina, colto di sorpresa, ha minacciato sconquassi e rappresaglie. Ma ieri alla prova dei fatti non ha fatto nulla. Anzi, il reggente ha chiuso il sipario sul governo con i 5stelle: «capitolo chiuso». Né è andato alla conta. Su 198 presenti in direzione, 115 erano sulle posizioni di Renzi, che alle 16.30, ha preso atto della sconfitta degli oppositori: «Non si contano perché non hanno i numeri. Match chiuso».

Solo che «chiuso un match» ne comincia un altro e riguarda il «governo di tregua» che, secondo Mattarella, dovrebbe far partire alla legislatura o portare il Paese alle urne. Il problema riguarda ora che profilo avrà questo governo, o meglio, che maggioranza lo sosterrà sotto il vestito istituzionale. Mattarella preferirebbe un premier «tecnico», come il presidente del consiglio di Stato Alessandro Pajno o il professor Sabino Cassese, che naturalmente, secondo i disegni del Colle, dovrebbero partire sempre da una maggioranza istituzionale Pd-5stelle, aperta agli altri. O, in un'altra versione, potrebbe basarsi - questo è quello che vorrebbero Berlusconi, Salvini e la Meloni - sul centrodestra e poi guardare agli altri partiti, a cominciare dal Pd. Nomi per Palazzo Chigi: o quello del leghista Giancarlo Giorgetti, o quello del presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Un simile governo, in entrambe le versioni, dovrebbe occuparsi di legge elettorale e, se strappasse una durata consona, anche delle riforme costituzionali.

Probabilmente Mattarella tenterà di ricreare il «triangolo delle Bermuda» sulla soluzione con l'imprinting più tecnico. Ma questa volta non ci sarà battaglia nel Pd. «Secondo me - ha spiegato Renzi ai suoi - neppure i grillini vogliono nuove elezioni. E se votassero un governo e facessero partire la legislatura sarebbe fantastico. Al massimo Di Maio potrebbe fare il ministro. Sarebbe perfetto, perché anche Forza Italia potrebbe votarlo, non fosse altro perché altrimenti non starebbe in piedi. A me sembra impossibile, però, che Di Maio accetti un premier come Pajno. Magari lo facesse: sarebbe morto e sepolto per il suo elettorato. Ma proprio per questo non credo che lo farà».

Detto questo, anche se il prossimo round non sarà combattuto sul governo di tregua, dentro il Pd restano opinioni diverse sulle prospettive future. È fatale per un partito che si trova sulla linea di confine tra centrodestra e grillini. C'è chi - da Veltroni a Fassino - ipotizza un accordo stabile tra Pd-5stelle, come polo alternativo al centrodestra. L'ex sindaco di Roma è sicuro che sia l'unica strada per recuperare il voto finito ai grillini. «L'Italia tripolare - teorizza non per nulla Walter Verini, che conosce a memoria il pensiero di Veltroni - è un'invenzione. Si può invece lavorare per un bipolarismo che si basi sulla competizione di un polo pd-grillini e di un polo di centrodestra».

Un'ipotesi che fa rabbrividire Renzi: «Ma siamo fuori dal mondo, non esiste né in cielo né in terra una simile alleanza. Ci divide anche l'idea stessa di democrazia: abbiamo combattuto il partito-azienda di Berlusconi, per poi allearci con l'azienda-partito di Casaleggio». Mentre addirittura c'è chi, come l'ex ministro dell'Ulivo, Giuseppe Fioroni, sogna nel caso Salvini e Berlusconi arrivassero ai ferri corti, un nuovo partito di centro, dei moderati, che metta insieme Pd e Forza Italia.

Si tratta, però, di congetture per il futuro, che nei prossimi mesi riaffioreranno, per scomparire e di nuovo riapparire in superficie, come un fiume carsico, in questa fase politica turbolenta. Per ora, però, come dice Renzi, nel Pd «il match è chiuso.

E anche oggi - è il sorriso complice che ha regalato ieri alla sua ciurma - avete visto com'è finita?!».

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