
"La piazza è assolutamente legittima, ma non cavalcarla per mero calcolo politico". La linea che filtra da Palazzo Chigi nelle ore in cui lo sciopero generale sta bloccando il Paese è sostanzialmente la stessa degli ultimi giorni, nella convinzione che il dramma in corso a Gaza sia solo un "pretesto" usato da un pezzo di sinistra e da Maurizio Landini per colpire l'esecutivo. Giorgia Meloni lo ha detto chiaramente nei giorni scorsi. E nonostante ieri abbia volutamente scelto di non intervenire pubblicamente - come quasi tutti gli esponenti del governo, a parte il vicepremier Matteo Salvini e il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi - non ha certo cambiato idea.
La questione, però, va affrontata senza accelerazioni e in maniera ragionata. Perché, è la convinzione dei vertici di Fdi e di buona parte della maggioranza, il rischio che la piazza diventi uno strumento di lotta più o meno permanente contro l'esecutivo esiste ed è concreto. Anche perché, fa notare un ministro di Fdi, le urne continuano ad essere a favore del centrodestra. Quelle del voto nelle Marche della scorsa settimana (regione che fino a luglio il centrosinistra reputava più che contendibile) e quelle di domenica e lunedì prossimo in Calabria (dove la vittoria di Roberto Occhiuto non sembra in discussione).
Ed è questo timore che ha portato Palazzo Chigi a una doppia riflessione. La prima l'ha fatta Meloni nell'ultimo Consiglio dei ministri, chiedendo ai dicasteri competenti un calcolo complessivo di quanto è costata agli italiani la mobilitazione. Il primo passo per costruire una contro-narrazione rispetto a quella della sinistra pro-Pal e di Landini. La seconda riflessione l'aveva invece aperta Salvini, proponendo di aggiornare le sanzioni per chi effettua scioperi illegittimi (cioè senza preavviso). L'articolo 4 della legge 146/90, infatti, prevede multe da 2.500 a 50mila euro. Molto leggere, è la convinzione del vicepremier, rispetto al danno economico causato da uno sciopero come quello di ieri. È per questa ragione che il governo è intenzionato ad aggiornare le sanzioni (che risalgono al 1990) con delle vere e proprie maxi-multe.
Nonostante il silenzio di ieri, insomma, Meloni non resterà a guardare. La premier è infatti resta convinta che la Cgil stia aizzando la piazza. Lo dice in chiaro Piantedosi: fomenta "la rivolta sociale". E che i toni siano di molto cresciuti negli ultimi mesi è questione che, seppure con sfumature molto diverse, colgono anche altre sigle sindacali. Non solo la Cisl, ma anche la Uil hanno infatti deciso di non aderire allo sciopero di ieri. Ed è anche per questo che Meloni - e molti esponenti di Fdi - stanno puntando dritto su Landini, con l'obiettivo di spaccare ulteriormente il fronte sindacale. Senza considerare che a via della Scrofa c'è chi pensa che l'escalation della Cgil possa avere esattamente l'effetto contrario rispetto a quello desiderato dall'opposizione. "I cittadini non capiranno - spiegava giovedì in Senato il ministro Luca Ciriani - e ci porterà un sacco di voti in più".
Se ieri Meloni ha scelto di non commentare, al suo posto è invece intervenuta la sorella Arianna. Che non ha ruoli istituzionali ed è responsabile della segreteria di Fdi. "Scioperare è un diritto e - dice - non si tocca. Però lo sciopero è astensione dal proprio lavoro. Non impedire agli altri di lavorare, perché altrimenti si chiama sopruso violenza verso il prossimo". E ancora: "Libertà di manifestare vuol dire organizzare cortei, non distruggere il bene pubblico e scagliarsi contro le forze dell'ordine". Infine, l'affondo.
"È evidente - conclude - che Gaza è solo un pretesto, anche perché queste manifestazioni non aiuteranno la popolazione e la causa palestinese. Qui l'unico obiettivo è quello di attaccare il governo, che paradossalmente è il primo esecutivo occidentale schierato per aiutare concretamente la popolazione di Gaza".