Cronache

Il palazzo degli orrori dove ti fanno entrare solo se sei delinquente

Viaggio nel quartiere dove è stata violentata e uccisa Fortuna. Qui quasi tutti sono pregiudicati

La mamma della piccola Fortuna Loffredo con la foto della figlia  di sei anni
La mamma della piccola Fortuna Loffredo con la foto della figlia di sei anni

All'ingresso dell'isolato numero 3, scala C, ti accoglie la statua di Padre Pio. La sua immagine è seconda, nella classifica della devozione, solamente al santino di Maradona. Questo è il «palazzo dell'orrore» (ma non chiamatelo così, altrimenti Maurizio Patriciello il parroco del quartiere si offende) - dove nel 2014 fu uccisa Fortuna (Chicca) Loffredo, 6 anni. Gettata dall'ottavo piano. La sua colpa? Aver osato ribellarsi all'ennesimo stupro.

Per quelle violenze, terminate con un volo nel vuoto, è in carcere Raimondo Caputo, 43 anni, la maggior parte dei quali già trascorsi in cella per una serie di reati di cui l'«abuso su minori» rappresenta solo la ciliegina marcia su una torta di nefandezze. Lui, secondo l'accusa, è il carnefice di Chicca, ma pure delle sue tre figliastre che neppure la madre è riuscita a difendere: una madre, anzi, finita pure lei in carcere per complicità col compagno pedofilo. Qui, sempre nello stesso palazzo, un'altra coppia di genitori è stata arrestata per atti di libidine sulla figlia 12enne. Nel casermone maledetto di Parco Verde a Caivano nessuno tra le decine di famiglie che abitano qui da dopo il terremoto del 23 novembre '80 ha visto niente e sentito nulla. Nessuno ha parlato. Se non per ripetere, mentalmente, una sola parola: omertà. Ma cosa ti puoi aspettare da un quartiere dove un residente su due ha avuto guai con la giustizia. Dove solo il 20 per cento degli abitanti ha un lavoro fisso. Ma, per piacere, non tiriamo in ballo le «colpe della società» e l'«assenza dello Stato». Il problema di Caivano - paradossalmente - non è infatti la mancanza dello Stato, ma la sua eccessiva presenza sotto forma di assistenzialismo, nella peggiore accezione del termine. Qui i falsi invalidi non sono solo gli adulti, ma pure i bambini, il 60% dei quali beneficia di un «assegno di sostegno» in quanto sofferenti di non meglio precisati «deficit psico-motori». A girare tra le strade del Parco Verde - tra le maggiori piazze di spaccio del Napoletano - non si direbbe che i minori sono malati: anzi, appaiono sanissimi, soprattutto quando si tratta di avvisare i pusher della droga che in zona «c'è una faccia sospetta». E quelle più «sospette» sono quelle degli sbirri e dei giornalisti. Davanti al palazzo Iacp che - secondo don Patriciello - è popolato da tanta «brava gente», il cronista viene accolto con un cordiale: «Dove cazzo credi di andare?». Meglio girare i tacchi e cambiare zona. Ma la musica non cambia. Da queste parti sei ben accetto solo se ti conoscono. E, per conoscerti, devi avere tendenzialmente la fedina penale sporca. Nel palazzo dove il 24 giugno 2014 fu gettata dal terrazzo Chicca e dove l'anno prima (il 27 aprile 2013) precipitò da una finestra Antonio Giglio, 4 anni, il numero dei piani sono segnati col carboncino tra scale luride e grate sui pianerottoli che i condomini hanno istallato «a proprie spese» per fare meglio i loro affari. Affari che è meglio si sbrighino lontano da occhi indiscreti. I lavori meglio retribuiti sono quelli legati all'«indotto» della droga: preparare dosi e venderle. Un business stupefacente da 300mila euro al mese. Per le giovani «vedette» una giornata di perlustrazioni equivale a un bonus di 50 euro. Gli spacciatori invece incassano a provvigione: più vendono, più guadagnano. Il cottimista di coca ed eroina - se è «bravo» - può portare a casa fino a 500 euro al giorno. Stipendi folli a cui nessuno si sognerebbe di rinunciare per un lavoro onesto. Lo sa bene Eugenia Carfora, l'eroica preside dell'Ic Viviani-Papa Giovanni che gli studenti «assenteisti» se li va a prendere uno a uno, casa per casa: «A settembre l'istituto sarà ridimensionato per ragioni burocratiche - denuncia sconsolata al Giornale -. Chiudere l'unica frontiera di legalità e di avvenire pulito per i giovani difficili di questo quartiere rappresenta una sconfitta per lo Stato e una vittoria per la criminalità. Che così potrà contare sempre su maggiore manovalanza. Io, con la mia scuola dei mestieri onesti, davo troppo fastidio. Disturbavo equilibri. Sono stata minacciata. Intimidita. Ma vado avanti. Non mi rassegno. La buona scuola è - e resterà - la mia vita».

Al Parco Verde di Caivano c'è bisogno di gente come lei.

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