Coronavirus

Da pandemia a influenza: l'Europa inizia a discutere di ritorno alla normalità

Madrid: tempo di nuovi parametri, ora dibattito nell'Ue. Londra: a marzo la nuova strategia

Da pandemia a influenza: l'Europa inizia a discutere di ritorno alla normalità

Le prossime settimane non saranno semplici. Ma dopo la nuova impennata di contagi, potremmo cominciare a pensare a un ritorno alla normalità. E considerare il Covid alla stregua di un'influenza, gestibile con i farmaci. Addio ai bollettini, alla conta spasmodica dei casi gravi e dei morti, addio ai tamponi di massa ai primi sintomi e, magari, addio anche al green pass. Almeno questa sembra la direzione imboccata dall'Unione europea in vista della primavera. Ma perchè tutto ciò accada serve una pianificazione strutturata e in grado di proiettare realisticamente i dati della scienza, senza fughe in avanti premature.

A rompere gli indugi è il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, che avverte: «Abbiamo le condizioni per aprire, gradualmente e con cautela, il dibattito a livello tecnico ed europeo, per iniziare a valutare l'evoluzione di questa malattia con parametri diversi da quelli che abbiamo fino ad ora». Anche l'Italia inizia a impostare l'uscita dal tunnel e il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo ha già un piano di transizione pronto, «preparato su indicazione del premier Draghi» e da sfoderare non appena i dati della pandemia cominceranno a calare.

Cautamente ottimista anche la Gran Bretagna. Pur registrando ancora numeri allarmanti nel Nord del Paese, confida nel «contributo» della variante Omicron (e di una possibile variante Pi Greco) nel rendere endemico il virus. «Ciò che potrebbe accadere in futuro - spiega il consigliere del Governo Mike Tildesley, membro del gruppo Scientific pandemic Influenza Modeling - è l'emergere di una nuova variante meno grave grazie alla quale, nel lungo termine, il Covid diventerebbe qualcosa di simile al comune raffreddore con cui abbiamo convissuto finora. Si spera che, andando verso la primavera, vedremo un ulteriore miglioramento».

«Non è possibile andare avanti con richiami ogni sei mesi» sostengono parecchi virologi inglesi. E il presidente Boris Jhonson non se lo fa dire due volte. Già nelle scorse settimane ha resistito alle pressioni degli scienziati più pessimisti e non ha messo restrizioni sul Natale. Ora è pronto a un nuovo allentamento. L'ipotesi è che dopo il 26 gennaio, quando scadranno le misure attuali, opti per un piano da attuare da marzo con la possibile abolizione del green pass, la riduzione dei giorni di quarantena, un ritorno al lavoro in presenza e uno stop ai tamponi di massa. Tuttavia, prima di poter impostare il ritorno alla normalità, è fondamentale combattere: in Inghilterra si ipotizza una vaccinazione porta a porta per dare una sferzata finale al virus, in Italia si punta a incrementare il più possibile la campagna vaccinali, con somministrazioni anche di notte.

Ma cosa dicono i dati della pandemia in Europa? È davvero possibile impostare la fine dell'emergenza? La situazione è mutevole: fino a poche settimane fa l'allarme era concentrato nei paesi dell'Est, ora i contagi stanno salendo in altre aree, Italia compresa. In base ai dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, il tasso di ricovero ospedaliero per l'Ue (sulla base dei dati riportati da 18 paesi) nell'ultima settimana del 2021, è stato di 11,5 per 100mila abitanti, rispetto a 9,0 della settimana precedente (in Italia 9,2). Il tasso di occupazione ospedaliera è stato 27,1 (in Italia 20,1) e il tasso di ricovero in terapia intensiva è stato di 1,8, un valore analogo a quello della settimana precedente.

Infine, il tasso di mortalità è stato di 50,6 decessi per milione di abitanti (in Italia di 26,7 decessi).

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