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"Pandemia prevista dal '95". La rivelazione di Ricciardi (che smentisce Speranza)

Il consigliere del ministro della Salute nel suo libro: "Questa pandemia era uno degli eventi più prevedibili della storia". Perché non eravamo pronti?

“Pandemia prevista dal 1995”. La rivelazione di Ricciardi (che smentisce Speranza)

Quante volte avrete sentito dire che il coronavirus è stato un evento non prevedibile cui nessuno era preparato? Tante. È stato il ritornello del governo Conte II, quello che ebbe la sfortuna - va detto - di incontrare sul suo cammino l’avvento di Sars-CoV-2. Agostino Miozzo, per esempio, lo definì un “cigno nero” o “l’emergenza perfetta”. Giuseppe Conte non esitò a parlare di uno “tsunami senza precedenti”, inteso come un treno che ti investe senza che tu possa accorgertene. E l'Avvocatura dello Stato lo spacciò come un "evento del tutto inusuale" che colse di sorpresa tutto il mondo. Oggi, però, a due anni di distanza dal paziente zero di Codogno, Walter Ricciardi ammette ciò che i familiari delle vittime di Bergamo sostengono da tempo: ovvero che no, le pandemie non sono eventi imprevedibili. “La nostra comunità scientifica - ha detto a l’Aria che tira - lo aveva previsto dal 1995”. Di più. Nel suo libro di recente pubblicazione, dal titolo Pandemonio, lo scienziato aggiunge che “questa pandemia era uno degli eventi più prevedibili della storia”. Lo sapevamo, insomma. E avremmo dovuto prepararci a dovere.

Per Ricciardi i motivi delle ricorrenti epidemie vanno cercati nella “promiscuità tra animali e uomini”, nella “rapidità degli spostamenti” e nella “mancanza di prevenzione”. Ma non è questo il nocciolo della questione. Perché quando detto e scritto dal professore mette indirettamente nel mirino l’allora governo Conte e il suo ministro Roberto Speranza, di cui peraltro Ricciardi è fidato consulente.

Torniamo al 6 agosto del 2020. Quel giorno, quando il virus sembrava aver allentato la sua presa dopo la prima ondata, il leader di Leu si presenta di fronte ai senatori riuniti a Palazzo Madama per rivendicare che “nessuno di noi, ad alcun livello, aveva un manuale di istruzioni” contro il Covid. Un concetto ribadito in più occasioni, compresa la recente intervista da Lucia Annunziata su Rai3: in occasione del primo lockdown, ha detto, “nessun altro paese, a parte la Cina, aveva un’esperienza in tal senso”. In realtà, è la tesi di molti, un vademecum lo avremmo avuto eccome se solo qualcuno si fosse degnato di tirarlo fuori dal cassetto: si chiamava Piano pandemico anti influenzale. Un atto un po’ datato e non aggiornato, come documentato nel Libro nero del coronavirus, ma comunque operativo. Il 5 gennaio l’Oms inviò un alert ai Paesi suggerendo di attivare, ma l’Italia lo scartò (ad eccezione di alcune parti “utili e funzionali”) preferendo scriverne uno nuovo di zecca.

Speranza ha ripetuto più volte che il vecchio piano pandemico non era abbastanza per affrontare un virus sconosciuto, lettura però contestata da più parti: da Ranieri Guerra ("era valido"), dalla procura di Bergamo ("andava attuato") e da Andrea Crisanti ("sono emerse criticità nella sua applicazione"). Anche Giuseppe Ippolito, componente del primo Cts, alla riunione della task force del 29 gennaio suggerì ai presenti di “riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l’Italia e di adeguarle alle linee guida appena rese pubbliche dall’Oms”. Il virus quel giorno non era ancora arrivato a Codogno. Sicuri non valesse la pena applicare il “manuale” di cui disponevamo, sebbene vecchiotto?

Sull’argomento la linea del ministro della Salute non è mai cambiata. Ad aprile del 2021 Speranza ha ribadito, sempre in Senato, che “di fronte a questo virus totalmente nuovo” il piano del 2006 “non era sufficiente”.

Eppure un documento ufficiale dell’Oms datato 2018 spiegava chiaramente che la reazione ad un virus sconosciuto è composta da elementi che “dovrebbero riflettersi in piani nazionali completi di preparazione alla pandemia che siano stati testati attraverso esercitazioni regolari”. Se, come dice Ricciardi, questa pandemia era “prevedibile”, addirittura dal 1995, le domande sono due: perché nessuno aggiornò il piano pandemico? E perché non attivarlo subito come suggerito da più parti?

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