Per la prima volta nella storia della Repubblica - si sibila in Senato - la parola che regna è incertezza. La vista è sul Colle, mentre il tema che circola è il mancato controllo dei gruppi parlamentari. Enrico Letta, che è il segretario frutto di una maggioranza partitica strutturata dal predecessore Nicola Zingaretti, deve gestire parlamentari scelti ai tempi dalla segreteria di Matteo Renzi.
Giuseppe Conte, oltre a non tenere le redini del "suo" MoVimento 5 Stelle, è persino fuori dal Parlamento. E non ha mai avuto neppure il coraggio di provarci ad entrare. Non sono queste le condizioni migliori per gestire il ritmo delle chiame che conduranno all'elezione del successore di Sergio Mattarella.
Lo sanno anche i senatori, che non disdegnano di dire la loro sul Vietnam cui va incontro il cosiddetto "campo largo": "Da quando è saltato lo schema grillino, con tutte quelle fuoriuscite, è divenuto tutto possibile. Certo, nel caso trattassero per Mario Draghi al Colle - viene aggiunto - , i leader del MoVimento 5 Stelle imporrebbero una condizione: la certezza che si arrivi a scadenza naturale della legislatura". Ma le urne, nel caso in cui l'attuale presidente del Consiglio divenisse presidente della Repubblica, non sarebbero soltanto un'ipotesi ma la strada obbligata.
C'è maretta anche nel Partito Democratico dove, chi è stato eletto in Parlamento grazie a logiche che furono renziane, ha tutto fuorché la ricandidatura in tasca. E allora si cerca di far trapelare qualcosa: "Per ora non l'abbiamo presa sul serio - afferma un senatore Dem a microfoni spenti, mentre commenta il presunto asse Letta-Meloni sul nome di Draghi, con compresa l'accelerazione del processo che porta alle urne - , ma se fosse vero, ci sarebbe molto malumore. E non solo nel Pd".
Un senatore del Gruppo misto tende ad osservare la partita con interesse ma con un certo distacco: "Mai come in questo caso - dice senza troppi fronzoli - esisterà una logica di gruppo". Cioè i parlamentari non risponderanno agli obblighi imposti dalle segreterie: al contrario - si ventila tra i corridoi che conducono all'Aula - in molti, tra i due partiti che dovrebbero comporre l'ossatura dell' Ulivo 2.0, giocheranno la loro partita personale. E allora fare previsioni diventa quasi inutile.
L'unica cosa chiara è che né Enrico Letta né Giuseppe Conte possono contare su tutti i loro eletti.
"Penso che Draghi non sia mai stato realmente sul tavolo perché il rischio urne è troppo concreto", commenta un parlamentare grillino. Cosa farebbe questo pentastellato nel caso in cui Giuseppe Conte gli dovesse chiedere di votare affinché il premier vada al Colle? Non lo sappiamo, ma si può immaginare con facilità.
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