Massimo Malpica
Roma I sindaci-obiettori, come ipotizzato tra gli altri da Alfio Marchini, potrebbero rifiutarsi di celebrare le unioni civili anche ora che sono legge dello Stato? L'affermazione aveva scatenato polemiche, all'indomani dell'approvazione della normativa sulle nozze gay. Solo che ieri a rispondere di sì è arrivato Papa Francesco, che ha difeso l'obiezione di coscienza anche sul tema delle unioni civili in un'intervista al quotidiano transalpino La Croix.
«Spetta al Parlamento discutere, argomentare, spiegare, dare le ragioni. È così che una società cresce», concede il Pontefice. Aggiungendo che, però, «una volta che una legge è stata approvata, lo Stato deve anche rispettare le coscienze». E dunque anche «il diritto all'obiezione di coscienza deve essere riconosciuto all'interno di ogni struttura giuridica, perché è un diritto umano». Il principio, insiste Bergoglio, vale «anche per un funzionario pubblico, che è una persona umana». Insomma, legge o meno «lo Stato deve anche prendere in considerazione le critiche», perché il tenerne conto «sarebbe una vera e propria forma di laicità».
Il bello è che la bordata di Papa Francesco, rilanciata in agenzia, non ha sollevato commenti piccati. Nemmeno una mezza polemica anche da chi, nei giorni scorsi, aveva invece polemizzato con l'alzata di scudi contro le unioni civili da parte di sindaci aspiranti obiettori, come i molti primi cittadini della Lega che hanno annunciato di volersi ribellare alla legge. Il leader del Carroccio Matteo Salvini, per la verità, nell'invitare gli amministratori locali leghisti a rifiutarsi di celebrare le nozze gay, si era richiamato non all'obiezione di coscienza (come fatto invece da Marchini) ma alla disobbedienza civile seguendo «l'esempio di don Milani» sulla mancata obbedienza alle «leggi ingiuste». Il Papa, invece, difende il diritto degli amministratori cattolici di rifiutarsi per questioni di coerenza con la propria coscienza e con i propri principi. Un punto su cui, come detto, lo stesso Marchini è stato attaccato da più parti. La più dura era stata Monica Cirinnà, che a quella legge ha dato il nome, che aveva definito il candidato del centrodestra un «fuorilegge». E contro Marchini, tacciato di «cultura retrograda» dall'omologo del Pd Roberto Giachetti, si era schierata anche la leader di Fdi e candidata sindaco Giorgia Meloni, pur caldeggiando la possibilità di inserire nella normativa l'opzione dell'obiezione di coscienza. Duro anche l'attacco di Virginia Raggi, in corsa per il Campidoglio con i grillini. «Marchini rispetti la legge, sinceramente non ho mai sentito parlare di obiezione di coscienza su questo tema», aveva sentenziato. Ma se le parole di Marchini avevano sollevato la reazione dei suoi concorrenti, questi ultimi si guardano bene dal polemizzare con gli stessi toni con Papa Francesco dopo le dichiarazioni al settimanale francese.
La risposta forte e inaspettata di Bergoglio sulle unioni civili ha insomma incontrato una reazione prudente se non nulla. Solo il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ha commentato le parole della Santa Sede, ironizzando appunto su quanti avevano attaccato Salvini per aver espresso concetti simili. Molto più facile per il fronte laico - come puntualmente avvenuto - andare all'attacco delle gerarchie vaticane, nella persona del presidente della Cei Angelo Bagnasco, che dopo il via libera alle unioni civili aveva paventato l'apertura legislativa anche all'utero in affitto.
Le parole del presidente della Cei lo hanno fatto finire nel mirino dei laici (che lo accusano di indebita ingerenza) e persino dei cattolici nell'esecutivo, come Angelino Alfano per il quale Bagnasco ha male interpretato la lettera della legge.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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