Il passo lento, il capo chino, lo sguardo fisso. Un silenzio assordante che penetra più di cento parole. Papa Francesco varca per la prima volta l'ingresso del campo di concentramento di Oswiecim, conosciuto in tutto il mondo con il nome tedesco di Auschwitz, in Polonia, a una sessantina di chilometri da Cracovia. Lui, Bergoglio, ha voluto fortemente questa tappa nel luogo dell'orrore del ventesimo secolo. E ha voluto che si tenesse proprio il 29 luglio terzo giorno della sua visita in Polonia per la Giornata Mondiale della Gioventù perché esattamente 75 anni fa, quel giorno, padre Massimiliano Kolbe fu ucciso nel lager, al blocco 11, dopo essersi offerto volontario al posto di un padre di famiglia.
Sotto la scritta Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi) che sovrasta la cancellata di ferro dell'ingresso al campo di sterminio, il Papa vuole passare a piedi, in silenzio, in solitudine; ai lati il filo spinato costeggia l'intero campo.
Poi, raggiunto dal seguito, sale su un veicolo per raggiungere le camerate dove erano detenuti i prigionieri.
Qui, sempre in silenzio, sempre in solitudine, Francesco si siede su una panchina e rimane per oltre un quarto d'ora in preghiera, a tratti con gli occhi chiusi, le mani giunte. E compie un altro significativo gesto: baciare uno dei pali davanti alla forca di ferro dove venivano impiccati i prigionieri.
Bergoglio è il terzo Papa a visitare il lager nazista. Il primo a non pronunciare alcun discorso, come invece fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Sono il silenzio e la commozione le protagoniste della giornata ad Auschwitz.
Il Pontefice argentino si sofferma ad abbracciare, e baciare uno ad uno, undici sopravvissuti alle terribili atrocità della furia nazista.
La visita continua al blocco 11, dove venne ucciso il francescano Kolbe. Il segno di croce appena entrato nella «cella della fame», dove sono ancora visibili i graffi incisi sulle pareti dal giovane internato; poi la preghiera silenziosa.
Papa Francesco lascia un'unica frase, quella scritta in spagnolo sul libro d'onore: «Signore, abbi pietà del tuo popolo! Signore, perdono per tanta crudeltà».
Ma al Pontefice non è sufficiente. Dopo Auschwitz, si reca anche a Birkenau, luogo simbolo della Shoah, dove furono sterminati 950mila ebrei e 23mila rom e sinti. Qui il silenzio è rotto solamente dal de profundis, il salmo 130, cantato in ebreo da un rabbino e in polacco da un sacerdote, davanti al monumento in 23 lingue dedicato a tutte le persone fucilate o che morirono nelle camere a gas.
Dopo la visita al lager, il Papa si è recato all'ospedale universitario di Prokocim, il più grande ospedale pediatrico nel sud della Polonia, che cura ogni anno 30mila bambini. «Vorrei poter stare un po' vicino a ogni bambino malato, accanto al suo letto, abbracciarli ad uno ad uno», ha detto il Pontefice. In serata la Via Crucis con i giovani, in preparazione alle due giornate conclusive della Giornata Mondiale della Gioventù.
E il grido di Bergoglio davanti a migliaia di giovani: «Dov'è Dio? Dov'è Dio se nel mondo c'è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov'è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Esistono domande ha detto il Papa - per le quali non ci sono risposte umane».
«Siamo chiamati a servire Gesù crocifisso ha
concluso il Pontefice in ogni persona emarginata, a toccare la sua carne benedetta in chi è escluso, ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato, disoccupato, perseguitato, profugo, migrante. Lì troviamo il nostro Dio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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