Mondo

Parigi e lo scandalo delle cene vip: ministri, caviale e niente mascherine

La procura indaga su due video (poco chiari): potenti a cena durante il lockdown. Ora la Francia vuole nomi (e dimissioni)

Parigi e lo scandalo delle cene vip: ministri, caviale e niente mascherine

Menù serali da 200 a 500 euro alla faccia del coprifuoco. Una quarantina di invitati. Due diversi luoghi di lusso. E un reportage con telecamere nascoste. Questi gli ingredienti dello scandalo che ha travolto il governo francese su cui ora indaga anche la procura della Repubblica: eventi vip nel cuore di Parigi alla vigilia del terzo lockdown.

Cene clandestine, in cui potenti vari si incontrano in barba ai divieti. Tra loro, due giornalisti imbeccati da una «spiata». Fanno domande, filmano e proseguono fino a scoprire altre cene a cui avrebbero partecipato pure ministri e deputati. Questo la Francia ha visto in un video non proprio nitido venerdì sera. E ha continuato a guardarlo, provando a riconoscere «colpevoli» illustri, politici che però non sono emersi. E l'hashtag #vogliamoinomi spopola.

Siamo in un ristorante sotterraneo, in un quartiere chic. Caviale, Champagne e piatti dei migliori chef. Non sarà che la stessa politica che ha deciso di riconfinare l'Esagono per un mese, costretto i negozi a chiudere, si rintana nei club della Ville Lumière a fare bisboccia alla faccia del distanziamento?

In queste serate, infatti, i gesti barriera sarebbero stati «dimenticati». Anzi, obbligatorio togliere la mascherina, lasciarla all'ingresso come un orpello che non ha ragione d'esistere sulle labbra dei privilegiati. «Una volta entrati, niente Covid, è un club privato», dice uno dei promoter nel video di M6, tra camerieri senza protezioni e ospiti in effusioni ravvicinate. La ministra per la Cittadinanza Marlène Schiappa è durissima: «Se ministri o deputati hanno partecipato a cene clandestine di lusso a Parigi, come afferma M6, devono essere perseguiti, chi viene riconosciuto si dovrebbe dimettere». Il ministro dell'Interno Gérald Darmanin incarica il prefetto di «verificare le informazioni trasmesse».

Ci sono però dubbi sulla veridicità complessiva della denuncia tv. Solo un ristorante è stato filmato direttamente. Le immagini dell'altro locale, che avrebbe ospitato i ministri, arrivano per vie traverse: «Sono 560 metri, qui puoi avere 6, 8, 10 persone nelle varie sale». Uno dei protagonisti - uscito allo scoperto - si vantava così già il 1° febbraio. È il collezionista Pierre-Jean Chalençon, che ha le chiavi del Palais Vivienne nel II arrondissement.

Tra i promotori di queste cene diventate business con la chiusura dei ristoranti da ottobre, Chalençon accenna ai «molti amici nel governo». Per esempio «Attal, che verrà presto a cena» al Palais Vivienne. Il portavoce dell'esecutivo Gabriel Attal, chiamato in causa, ieri ha fatto sapere di non conoscere Chalençon e di non aver «mai partecipato a nessuna cena o serata, non ho creduto neppure per un secondo a questa storia». Il ministro Darmanin ipotizza la gogna pubblica affinché siano «perseguite e condannate quelle persone».

La caccia diventa fruttuosa. Identificato da Libération anche lo chef delle star Christophe Leroy. Franceinfo è infine riuscita a risalire al locale del presunto misfatto ministeriale: un ritratto di Napoleone lascia pochi dubbi. Sarebbe proprio il Palais Vivienne gestito da Chalençon. Il 14 marzo, Chalençon annunciava infatti su Instagram un «momento eccezionale al Palais Vivienne il 1° aprile», una «cena serale». Annuncio ora rimosso. Il collezionista di cimeli napoleonici, tradito dalla sua passione, ha prima smentito su Twitter ritenendo «falso e calunnioso» il reportage di M6 che lo vede coinvolto. Poi, tramite legale, ha ammesso di essere la persona che dice d'aver «cenato in due o tre locali con un un certo numero di ministri». Ma precisa: «Era solo umorismo».

Le cene vip sono invece realtà: la polizia ne ha già scovate decine.

Commenti