Il partigiano Mattarella canta "Bella ciao" contro gli anti Ucraina

Il presidente rilegge l'inno partigiano e rivendica l'uso della forza: "La pace va difesa"

Il partigiano Mattarella canta "Bella ciao" contro gli anti Ucraina

Bella Ciao. È la canzone dei partigiani, è quella che, all'alba del 24 febbraio, quando i russi hanno invaso l'Ucraina, a Sergio Mattarella è risuonata subito in testa. «Come tutti - racconta il presidente - quel giorno ho avvertito un pesante senso di allarme, tristezza, indignazione. Ho pensato agli ucraini sotto le bombe e mi sono venute in mente queste parole: Questa mattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor». Si, l'inno della Resistenza, perché è una resistenza pure quella di Kiev, perché le stragi a Bucha e Mariupol sono come quelle dei nazisti, perché siamo tornati indietro di 77 anni. E perché, spiega il partigiano Sergio, «la guerra va fermata subito e con determinazione e la libertà va difesa», anche con le armi. Putinisti e pacifisti italiani, chi attacca la Brigata ebraica e fischia la Nato, se ne faccia una ragione.

Il capo dello Stato celebra il 25 aprile ad Acerra, città medaglia d'oro, teatro nel 1943 di una feroce rappresaglia che tanto somiglia a quelle delle ultime ore. «La decisione della popolazione della Campania di insorgere contro l'ex alleato trasformatosi in barbaro occupante fu coraggiosa e umana, contro la negazione stessa dei principi dell'umanità». Lotta di resistenza, appunto. E oggi come allora meritano il titolo di resistente «tutti coloro che, con le armi o senza, mettendo in gioco la propria vita, si oppongono a una invasione straniera, frutto dell'arbitrio e contrario al diritto, oltre al senso della dignità».

L'Italia occupata da Hitler come l'Ucraina attaccata dal Cremlino: «In questa imprevedibile e drammatica stagione che stiamo attraversando in Europa, il valore della resistenza all'odio, all'aggressione, alle barbarie contro i civili supera i limiti temporali e geografici». Insomma, non ci sono differenze, dice Mattarella, e non dobbiamo confondere aggredito e aggressore. Non è il momento dei dubbi, delle anime belle, delle ambiguità di chi non vuole stare né con Putin né con Zelensky. Non possiamo essere neutrali. La democrazia va difesa dal totalitarismo e «la pace si conquista», se serve pure con la forza.

E qui il discorso del presidente ancora in modo definitivo la posizione italiana nel conflitto. Già venerdì scorso aveva ricordato come «la lotta di liberazione fu condotta da un popolo in armi» e non con le bandiere bianche della resa. Ora allarga il concetto. «Questo tornare indietro della storia rappresenta un pericolo non solo per l'Ucraina ma per tutti gli europei. Avvertiamo l'esigenza di fermare subito, con determinazione, questa deriva di guerra prima che possa ulteriormente disarticolare la convivenza internazionale, prima che possa tragicamente estendersi». I popoli che lottano vanno sostenuti in ogni modo e con ogni strumento. E quindi basta ciance, «questo è il percorso per la pace, per ripristinarla: difendere la libertà ovunque sia minacciata o conculcata».

Parole che fanno perdere la calma a Vauro Senesi. «Per me Mattarella non è più il garante della Costituzione», sbotta il vignettista collegato dalla piazza romana del 25 aprile con L'aria che tira. Vauro litiga con lo studio e si accapiglia pure con la signora Ada dell'Anpi, che lo riprende.

«Ma che cosa dici? Non è possibile accettare una cosa del genere». Vauro prova a replicare. «Lei e d'accordo ad inviare armi?», chiede. E la signora Ada: «Sì, perché quando qualcuno mi aggredisce devo potermi difendere».

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