La partita del Colle

Ecco come si muovono (alla luce del sole o in segreto) i partiti a un mese dalle votazioni

La partita del Colle

PARTITO DEMOCRATICO

LETTA SFIDA LA MELONI: «ANCHE PERTINI PATRIOTA»

Mattarella bis, Paolo Gentiloni, addirittura c'è chi fa il nome di Dario Franceschini, sullo sfondo l'ipotesi di Mario Draghi, sgradita ai gruppi spaventati dalle urne. Ma la verità è che per la prima volta il Pd rischia di non avere un candidato forte per il Quirinale. Teoricamente, il prossimo inquilino del Colle potrebbe essere eletto senza i voti del più grande partito del centrosinistra. E già questa è una notizia, se si guarda al passato più o meno recente. Perciò l'obiettivo del segretario Enrico Letta è quello di arrivare a una convergenza più ampia possibile nelle prime tre votazioni, altrimenti potrebbe esserci la sorpresa di un presidente se non sgradito, quantomeno non vicino al Pd. L'incognita sulla compattezza dei gruppi degli alleati grillini fa il resto. Per questo motivo Letta ha tentato di portare Conte in Parlamento, offrendogli il seggio lasciato libero da Roberto Gualtieri. Nel frattempo meglio guardare al passato. «Capo di Stato #Patriota», twitta il segretario condividendo una foto di Sandro Pertini. Una risposta a Giorgia Meloni che ad Atreju ha detto di volere un capo dello Stato «patriota».

FORZA ITALIA

SI PUNTA SUL CAVALIERE, MA PRONTI ALLE ELEZIONI

I dialoghi quirinalizi non sono ancora iniziati, ma Forza Italia più di altri partiti ha ben chiara la strategia da adottare in vista del grande appuntamento di febbraio. La posizione ufficiale è stata espressa più volte da Antonio Tajani. «Se Draghi viene eletto al Colle, si deve andare a elezioni. Non vedo nessuno che abbia la stessa autorevolezza di Draghi, in grado di tenere politicamente una maggioranza così eterogenea». Un ragionamento che contiene un messaggio molto preciso: non si può pensare di tenere in vita questo esperimento di convivenza degli opposti in assenza dell'uomo che ne ha permesso la nascita con il suo carisma. Forza Italia, al netto della naturale pretattica, ha un candidato naturale: Silvio Berlusconi. «Non si chiede di essere candidati al Quirinale e lui non lo ha chiesto, ma è certamente un sogno realizzabile» ha spiegato Tajani. Nel mirino c'è il quarto scrutinio. Sulla carta, considerando i delegati regionali, il Centrodestra parte da circa 440 voti e a quindi a Berlusconi ne mancherebbero circa 65 per essere eletto dal quarto scrutinio. «I voti si possono trovare, il Parlamento è sovrano».

LEGA

LE TELEFONATE DI SALVINI PER BLOCCARE I PIANI PD

Sull'elezionedel Colle Salvini non vuole ripetere, in gran- de, l'errore fatto con la designazione dei candidati sindaci alle scorse amministrative. Cioè litigare sui nomi, arrivare in ritardo e regalare così un vantaggio competitivo al Pd. Anche perché stavolta, per la prima volta da anni, il centro destra «ha le carte per essere protagonista nella scelta del presidente della Repubblica, non sarà il Pd a distribuire tessere e voti», ha detto l'altro giorno il leader leghista. Una prima intesa nel centrodestra c'è già sul nome di Sivlio Berlusconi ma, nel gioco a scacchi delle votazioni per il Quirinale, Salvini sa che è indispensabile avere anche un piano B, e pure C e D. Per questo il segretario inizierà oggi un giro di «consultazioni», non solo con gli alleati ma con tutti i leader, «sediamoci intorno a un tavolo e parliamone, il presidente della Repubblica è di tutti, non c'è un articolo della Costituzione che dice che il Pd ha diritto imperituro di scelta del presidente della Repubblica». Gli obiettivi del leader leghista sono due. Primo, trovare un'intesa su un nome che - per la prima volta da anni - non sia emanazione del Pd. Secondo, intestarsi la regia della trattativa come leader del centrodestra, per tenere sotto controllo anche le mosse degli alleati.

MOVIMENTO 5 STELLE

GRILLINI ALLO SBANDO CONTE: "QUIRINARIE"

Con Giuseppe Conte fuori dal Parlamento e le solite tensioni interne, in vista del Quirinale lo spettro nel M5s sono i franchi tiratori. È lecito ipotizzare che potrebbero essercene di più che in altri gruppi. Difficile quantificare i potenziali voti in dissenso sui 231 parlamentari di Camera e Senato, la truppa più numerosa della legislatura, ma già una serie di questioni pesano sulla tenuta dei Cinque Stelle nel segreto dell'urna. Prima di tutto tiene banco il nodo delle restituzioni. Pochi eletti versano nelle casse del partito e circa quaranta parlamentari sono pronti alla scissione dopo l'appuntamento dell'elezione del presidente della Repubblica, proprio loro potrebbero sabotare la linea di Conte. A ciò va aggiunto il sospetto che l'ex premier voglia le elezioni anticipate per avviare un repulisti interno. Le scarse possibilità di rielezione fanno temere che più di qualcuno possa tenersi le mani libere. Lo stato maggiore ancora non ha una strategia, nemmeno «coperta». Tanto che Conte ha riesumato le vecchie Quirinarie, «un passaggio con gli iscritti» per scegliere un candidato che inevitabilmente sarebbe di bandiera.

ITALIA VIVA E AZIONE

RENZI E CALENDA PRONTI A FAR L'AGO DELLA BILANCIA

Matteo Renzi ha recapitato il messaggio agli ex compagni di partito del Pd. «Stavolta il centrodestra darà le carte per il Quirinale». L'altro sottotesto è che nessuno può vincere la partita senza quelle sigle che non si riconoscono, o per lo meno non sempre, nei due poli. Pd e M5s da un lato, Lega, Fdi, Fi e altri gruppi moderati dall'altro. E quindi anche se il centrodestra darà le carte, sarà obbligato a guardare al centro. Tanti simboli e altrettante componenti, più di settanta parlamentari che potrebbero giocare il ruolo di ago della bilancia. Facendo pendere il risultato da una parte o dall'altra, soprattutto in una corsa tirata dalla quarta votazione in poi. Potenzialmente decisivi ma divisi e litigiosi. Ci sono Italia Viva, Azione di Calenda, il Centro Democratico di Tabacci, il gruppo delle Autonomie, le minoranze linguistiche e alcuni singoli iscritti al Misto.

Ma dato che i bisticci tra Renzi e Calenda non fanno propendere per l'unità, potrebbero essere determinanti anche le scelte dei cosiddetti cani sciolti o di uno solo di questi raggruppamenti. Soprattutto quelle dei 43 parlamentari renziani. DDS.

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