Vladimir Putin non sembra credere alla diplomazia se non come strumento per guadagnare tempo e confondere le acque. Ma dopo il deludente incontro di Antalya, in Turchia, tra i ministri degli Esteri russo Serghei Lavrov e ucraino Dmytro Kuleba, ha pensato ieri fosse il momento per ridare un po' di boost ai negoziati, parlando al presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko di «alcuni progressi nei colloqui russo-ucraini che si svolgono praticamente ogni giorno, come mi hanno riferito i nostri negoziatori». Non si sa che cosa nasconda questo blando ottimismo dello Zar, ma di certo contrasta con l'umor nero del presidente del ministro ucraino degli esteri Dmytro Kuleba che taglia corto: «I negoziati hanno registrato zero progressi». Va messa agli atti con la giusta dose di cautela, quindi, l'apertura di uno spiraglio da parte del Cremlino su un possibile tête-á-tête tra i due presidenti: «Nessuno esclude l'incontro», riferisce la Tass.
La diplomazia continua a tessere in modo trafelato le sue tele contorte. Chiunque muove i suoi pezzi sulla scacchiera, fossero pure dei pedoni. Ieri è stata la volta del presidente finlandese Sauli Niinisto, che dopo aver parlato con il collega ucraino Volodymyr Zelensky ha poi avuta una lunga conversazione telefonica con Putin, che ha supplicato di accettare un incontro con l'uomo di Kiev. Niinisto ha anche proposto Helsinki come sede dei negoziati, ciò che lascia piuttosto freddo Putin, che come si sa preferisce di giocare praticamente in casa in Bielorussia.
La diplomazia si muove liturgicamente, con tempi lentissimi. A Versailles si è concluso ieri l'eurovertice che molto ha deluso Zelensky: «Sappiamo cosa hanno detto, chi è intervenuto, chi ci ha sostenuto, chi è stato in silenzio e chi ha cercato di rendere la formulazione insufficiente per l'Ucraina: abbiamo bisogno di più forza. Non è quello che ci aspettiamo». Alle porte di Parigi, oltre al rafforzamento delle sanzioni economiche, di cui parliamo in un'altra parte del giornale, si è parlato anche dell'ingresso di Kiev nell'Unione europea, su cui si registra la souplesse del premier italiano Mario Draghi: «C'è una grande disponibilità da parte di tanti, una grande determinazione da parte di altri e una notevole cautela da parte di altri ancora».0 Tra gli stati in lista d'attesa per Bruxelles ci sono anche Georgia e Moldavia, sulla cui adesione ieri il consiglio europeo ha invitato la commissione «a esprimere il suo parere». Zero a zero anche ad Antalya, dove si è svolto il forum della diplomazia: «Ogni guerra dovrebbe finire al tavolo negoziale - ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg -. Quanto dovremo aspettare? Occorre continuare a esercitare pressioni sulla Russia, sia attraverso le sanzioni sia con il sostegno all'Ucraina».
Belle parole. Ma fuori dagli andamenti lenti dei vertici, i leader si muovono in autonomia. Il presidente francese Emmanuel Macron, autonominatosi capofila europeo del dialogo, ha ieri sera avuto un nuovo dialogo telefonico con Putin a cui ha partecipato anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il successore di Angela Merkel insiste sul rifiuto del bando al gas russo, parlando di «decisione consapevole, fondata e comprensibile.
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