Al secondo tentativo, Lega e M5s trovano l'intesa per la nascita di un governo politico. Alle 19 di ieri, dopo una lunga trattativa, Luigi di Maio e Matteo Salvini annunciano la fumata bianca: «Ci sono tutte le condizioni per un governo politico M5s Lega». Il «patto del terrazzo» (Salvini, Di Maio e Conte vengono intercettati dai fotografi sui terrazzi di Montecitorio durante la trattativa) si poggia su uno schema che prevede Paolo Savona agli Affari europei, la riconferma di Giuseppe Conte alla guida dell'esecutivo e Giovani Tria all'Economia.
Conferme al Viminale per Salvini e al Welfare per Di Maio. Fallisce il pressing finale del segretario del Carroccio di ottenere la guida del governo per un esponente leghista, dopo il passo di lato di Savona. Conte sale al Colle alle 21 per consegnare al Presidente Sergio Mattarella la nuova lista di ministri. Decisivo il faccia a faccia finale tra i due leader, con Salvini che dice ai suoi «non possiamo stare fermi, la nostra gente non capirebbe» e si spende per convincere Di Maio: «Non voglio fregarti». Il leader M5s, già scottato, temeva una nuova manovra del segretario leghista, vista la sua smania di tornare al voto. Alla fine si chiude, anche se nei due partiti tanti big restano diffidenti.
La giornata che segna la svolta per la nascita del governo tra Lega e M5s comincia con l'annuncio dello staff di Salvini della cancellazione del tour elettorale nel Milanese e in Brianza: è il segnale che la trattativa tra Di Maio e il leader del Carroccio riparte. Il premier incaricato Carlo Cottarelli è nel suo ufficio di Montecitorio ma si comporta da turista, chiedendo ai commessi di visitare l'Aula, prima di rimettere il mandato. Salvini vola a Roma per incontrare Di Maio e Giorgia Meloni. Nella Capitale, dopo l'offerta del capo politico del M5s di riaprire il dialogo, partendo dal trasloco di Savona dall'Economia a un altro ministero, Salvini deve arrivare con una controproposta. Un rilancio per dimostrare di non subire troppo la linea di Di Maio: la prima condizione che Salvini pone è l'ingresso nel governo di Fratelli di Italia. Dopo un breve colloquio alla Camera, il leader del Carroccio ottiene l'ok di Meloni, che ha annullato una tappa elettorale in Puglia, a trattare a nome di Fratelli di Italia. La Meloni punta a due ministeri: Difesa e Agricoltura. La trattativa subito si arena, non sulla spartizione delle poltrone, ma per il veto del M5s di allargare l'alleanza a Fdi. L'ala ortodossa teme lo sbilanciamento a destra del governo. Il faccia a faccia tra Di Maio e il leader leghista non sblocca lo stallo: il no del M5s su Fratelli di Italia regge. Meloni ne prende atto, annunciando l'astensione sulla fiducia. Mentre Forza Italia, Pd e Leu voteranno no.
Il secondo nodo, quello decisivo, è legato al ruolo di Savona. In mattinata, l'economista fa sapere di non essere interessato ad altre poltrone. Entra in gioco la diplomazia leghista, affidata a Giancarlo Giorgetti, che dopo un lungo pressing strappa il via libera di Savona per la casella del ministero degli Affari europei. All'Economia il compromesso porta il nome di Tria: ordinario di Economia politica all'Università di Roma Tor Vergata, ex consulente di Renato Brunetta.
L'indicazione di Tria all'Economia riapre la partita per la premiership: Giuseppe Conte, nel frattempo, giunge a Roma per incontrare Salvini e Di Maio. Lo schema di partenza prevedeva: Palazzo Chigi al M5s, l'Economia alla Lega e per Salvini Tria non è uno dei suoi. Ma alla fine per la premiership Di Maio non molla. Si parte così, si navigherà a vista.
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