Europa

"Paura per l'influenza sulle votazioni. Tutto è iniziato col Mondiale di calcio"

L'europarlamentare: "La Ue non deve cedere sul piano culturale. L'obiettivo del Qatar è conquistare le popolazioni con il soft power"

"Paura per l'influenza sulle votazioni. Tutto è iniziato col Mondiale di calcio"

Il caso giudiziario dell'ex europarlamentare del Pd Antonio Panzeri rilancia la questione del soft power del Qatar e di altri Stati arabi in Europa.

Onorevole Procaccini, europarlamentare di Fdi, si avverte una pesante influenza del Qatar in Ue?

«Premetto che la vicenda in sé è inquietante ma che bisogna attendere i risvolti giudiziari. L'influenza del Qatar non è soltanto sulla politica europea ma sulla cultura popolare europea. Il che è più pervasivo. Abbiamo avuto un dibattito sui mondiali in Qatar e su tutto ciò che quella scelta ha comportato. Abbiamo anche approvato una risoluzione comune. Un dibattito che, peraltro, era stato voluto con forza dallo stesso partito attorno cui oggi si muovono delle ombre».

Quando ha avuto inizio questa influenza?

«Proprio con l'assegnazione del Mondiale al Qatar. E perché il Qatar ha voluto il mondiale di calcio? Cosa c'è del resto di più popolare dei Mondiali di calcio nel pianeta terra? Il messaggio è questo: siamo in grado di rappresentare la forza della nostra economia ma anche quella della nostra cultura, che non ha rispetto dei diritti umani e dei diritti di libertà. Questo è il soft power: conquistare popolazioni passando attraverso la cultura popolare. Ricordo un nostro dossier sull'islamizzazione in Europa in cui dimostrammo come tutte le grandi squadre delle grandi capitali europee fossero state interessate da finanziamenti del Qatar e degli Emirati Arabi. Il Real Madrid, squadra più blasonata del Vecchio continente, ha persino rinunciato alla sua iconica croce nello stemma. Qualcosa che aveva almeno centodieci-centoventi anni di storia alle spalle. Un simbolo rimosso magari per vendere meglio o perché la richiesta arrivava dallo sponsor. Nulla accade per caso. Il Qatar non ha un ritorno economico con i Mondiali ma ha semmai un ritorno culturale che com'è ovvio interessa anche l'ambito religioso».

Ma in Ue avete l'impressione che alcune votazioni vengano interessate dal soft power di quell'area di mondo?

«Più che la sensazione, la paura. Certo: se la vicenda emersa ieri venisse confermata, quella paura allora avrebbe più di qualche fondamento».

Quali sono allora gli strumenti che l'Ue dovrebbe mettere in campo per evitare quella che Michel Michel Houellebecq ha chiamato «Sottomissione»

«Bisognerebbe porre dei paletti, dei principi. Non è vietato organizzare i Mondiali in Qatar, a patto che quello Stato rispetti dei principi. Non voglio fare l'anima candida, so bene quanto sia importante avere buoni rapporti commerciali con tutti. Ma lo sport con le sue implicazioni sociali e culturali dovrebbe essere messo al riparo.

Credo sia essenziale non cedere sul piano identitario come avvenuto invece con il simbolo del Real Madrid».

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