La tragedia del Mottarone

A Pavia si indaga per sequestro. I sospetti sui servizi israeliani

Il legale: un aiuto extra. L'esperto: un blitz da professionisti. Ma la comunità ebraica: "Sono accuse non pertinenti"

A Pavia si indaga per sequestro. I sospetti sui servizi israeliani

Un intrigo internazionale che mette contro non solo due famiglie ma due nazioni, due comunità. In mezzo c'è Eitan Biran, 6 anni, l'unico minuscolo sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, a causa della quale morirono i genitori Amit e Tal, il fratellino di 2 anni Tom e i bisnonni materni Barbara e Itshak. Eitan è stato rapito è portato in Israele dal nonno materno Shmuel Peleg, che lo ha sottratto alla zia affidataria Aya Biran-Nirko, sorella del papà e residente in una frazione di Pavia, Rotta di Travacò. In seguito alla denuncia della donna, la procura pavese ha aperto un fascicolo per sequestro di persona.

Non c'è pace per Eitan, che nei mesi successivi a quell'orribile 23 maggio è stato al centro di una battaglia per la custodia legale. Dopo il lungo ricovero all'ospedale Regina Margherita di Torino, e in pieno percorso di supporto psicologico, il piccolo è stato affidato alla zia paterna, medico 41enne, che vive con il marito Or Nirko e due figlie che vanno all'istituto delle Canossiane frequentato anche da Eitan, nato e cresciuto in Italia. Una decisione che ha irritato il ramo materno della famiglia, che vive in Israele e che ha avanzato un'istanza per l'affidamento del bambino. E che ha architettato un vero e proprio rapimento: il nonno è andato a prendere il bambino per una visita programmata e non lo ha riportato a casa ma lo ha condotto in aeroporto per prendere un volo privato diretto a Tel Aviv. Senza alcun problema, visto che la famiglia materna è in possesso del passaporto israeliano del piccolo, che la famiglia italiana aveva inutilmente richiesto. Famiglia italiana che per bocca dell'avvocato Armando Simbari, si dice preoccupata per il fatto che il rapimento interrompe «le cure psicologiche e terapeutiche a cui era sottoposto». Oggi inoltre il piccolo avrebbe iniziato l'anno scolastico. E ciò potrebbe creare nel piccolo un nuovo trauma, che annullerebbe il percorso di «normalizzazione» della sua giovane e già tristissima vita.

Il sospetto è che Israele abbia agevolato il rapimento. «È evidente che ci sia stato un aiuto extra, se no non sarebbe stato possibile far uscire Eitan dall'Italia tenendo conto di tutto il sistema di allerta che era stato messo in piedi», dice Simbari. E l'esperto in sicurezza Carlo Biffani, interpellato dall'Agi, parla della «possibile vicinanza e prossimità sia del defunto padre che del nonno del bimbo agli ambienti dell'intelligence e della difesa di Israele. Non ci è dato sapere quanto queste informazioni siano veritiere, ma è possibile immaginare che qualora ciò corrispondesse al vero, non sarebbe stato così difficile per il nonno ideare, pianificare e realizzare l'estrazione del minore dal territorio italiano. Appare infatti evidente come debba essere stata fatta in fase di pianificazione, una stima esatta dei tempi e dei modi necessari ad attuare la fuga». Insomma, un'operazione da professionisti, non la follia di un nonno. Ieri il Jerusalem Post ha riportato la posizione del ministero degli Esteri israeliano, che starebbe «verificando l'informazione» del sequestro del piccolo. L'ambasciata israeliana a Roma garantisce che «sta seguendo il caso da vicino, stiamo raccogliendo le informazioni e stiamo seguendo tutti gli sviluppi».

Quanto alla Comunità Ebraica di Milano, ha diramato una nota di condanna di un «gravissimo atto che viola le leggi italiane e internazionali» ma il presidente Milo Hasbani biasima i commenti «fuori dal contesto» e il fato che venga «messo di mezzo Israele in modo non pertinente».

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