La paura ha un nome: deserto. Non è quello che si vedrà dopo, quando tutto sarà finito. No, è già qui. Si cominciano a delineare i contorni, giorno dopo giorno, sempre più netti. È il deserto della produzione, del commercio, del lavoro, dei salari, dei risparmi. Ci sono già troppe famiglie che non sanno come andare avanti. C'è chi si chiede se e come riaprire il negozio. C'è chi non sa se finirà in cassa integrazione e a quanti metri si trova dalla disoccupazione. Non è che al governo non lo sanno. Ormai i numeri della disfatta economica sono chiarissimi. Il guaio è che non ci sono gli strumenti per frenarla. Non ci sono i soldi, non ci sono gli organi, gli uffici, gli uomini e le incrostazioni burocratiche non aiutano. Non ci sono neppure grandi idee.
Queste cose te le raccontano in privato anche quelli del Pd. C'è consapevolezza di quello che sta accadendo. Lo sa bene anche Zingaretti, anche perché continuano a ripeterlo personaggi come Romano Prodi o il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. «Guarda che stiamo di fronte a qualcosa di grosso. È una crisi che davvero segna un'epoca». Sono le stesse parole che Mario Draghi ha messo su carta una quindicina di giorni fa sulle pagine del Financial Times. Non c'è una ricetta facile per uscirne. Serve un colpo d'ala. Serve immaginazione. Servono risorse, come e dove trovarle. Chi deve gestire tutto questo non può che essere preoccupato. Nel Pd lo sono parecchio. È per questo che pressano Conte per mettere in piedi al più presto una cabina di regia e accettare un commissario straordinario per la ricostruzione.
Il premier frena, prende tempo, si mostra ancora recalcitrante. È convinto che l'uomo della ricostruzione non bisogna andare a cercarlo lontano. Già c'è ed è lui. Zingaretti e i suoi non ne sono affatto convinti. Non ne mettono in discussione il valore, ma si pongono diversi dubbi. Il primo è se al governo ci siano gli uomini adatti a fronteggiare una sfida del genere. Fanno anche l'esempio di un loro ministro: Roberto Gualtieri. Il responsabile del Tesoro è un'ottima persona, ma non ha fantasia. Nessuno chiaramente vuole silurarlo o ridimensionarlo, ma non può essere certo lui il commissario speciale. La realtà è che nel Pd c'è il timore di non intestarsi da soli, con in Cinque Stelle sfarinati e Renzi che gioca solo per sé, il peso politico della ricostruzione. Non vogliono d'altra parte neppure lasciare a Conte tutta la scena, come già sta facendo con l'emergenza sanitaria. Questo premier «one man show» preoccupa e irrita. Non solo non sta programmando la «fase due», ma fatica a chiudere l'emergenza economica. Il sostegno a famiglie e imprese di fatto è solo sulla carta. I buoni spesa sono stati scaricati sulla coscienza dei sindaci, i 600 euro alle partite Iva non sono arrivati, le richieste di cassa integrazione sono un caos e l'Inps sta facendo i conti con i suoi fantasmi. Torna forte sul tavolo l'idea del reddito di emergenza, a cui sta lavorando Nunzia Catalfo, ministro del Welfare a cinque stelle.
Il commissario straordinario potrebbe anche essere l'occasione per allargare la maggioranza.
Qualcuno torna a parlare di rimpasti e di «responsabili», Ci si chiede poi cosa abbia in mente Matteo Renzi, perché il timore che possa far cadere il governo c'è. Non subito. Forse dopo l'estate. Tutte suggestioni troppo lontane. Draghi non è all'ordine del giorno.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.