RomaLa linea la detta Matteo Orfini. Che è sì un «giovane turco», già stretto collaboratore di Massimo D'Alema (che per la magistratura militante e interventista non ha mai avuto grandi simpatie), ma è anche il presidente del nuovo Pd renziano. «Nei vent'anni alle spalle qualche eccesso di giustizialismo c'è stato», ammette Orfini, intervistato dal Corriere della Sera. «In alcune parti della sinistra si è perso il senso della cultura delle garanzie e abbiamo visto una deriva giustizialista». E il presidente del Pd si augura che il suo partito riesca ora «a recuperare il rapporto con il garantismo, che una volta era un valore di sinistra: è un fatto di maturità della nostra cultura politica».
Bastava farsi un giro su Twitter, dopo la sentenza che ha assolto Silvio Berlusconi, per accorgersi di come sia cambiato il clima, nel Pd, e di come siano lontani i tempi in cui bisognava restare allineati e coperti nel settore tifoseria delle Procure. Procure che negli ultimi mesi non risparmiano colpi anche a sinistra, vedi il caso Errani, contribuendo alla riscoperta del garantismo. Sono soprattutto i giovani Dem ad essersi liberati dall'ossessione del Cavaliere simbolo del male e della via giudiziaria al governo. E ieri erano loro (più che i dirigenti adulti, che distillavano commenti cauti) ad accapigliarsi sui social network con grillini, travaglisti e forcaioli vari che si dolevano dell'assoluzione: «Vorrei sapere con che conoscenza dei fatti e levatura morale si grida alla sua colpevolezza. Non penso sia uno stinco di santo ma dei giudici lo hanno giudicato. Chi sono io per dire il contrario?», twittava Chiara Meazza, animatrice della PdCommunity, rete dei comunicatori del partito. O a punzecchiare gli esponenti Pd lanciati in torbide dietrologie. «Corradino Mineo attribuisce al patto del Nazareno l'assoluzione di Berlusconi. Chiamate l'infermiera», twittava ad esempio Mattia Peradotto, uno dei fondatori di FutureDem (associazione dei giovani renziani che si riunisce il prossimo fine-settimana a Venezia). «Sono dietrologie così assurde che non vale la pena di commentarle», dice Chiara Meazza, «La sentenza è l'epilogo della vicenda giudiziaria di una persona. Basta con il tifo tra chi esalta Berlusconi e chi lo vede come l'uomo nero: è un interlocutore politico con cui dialogare sulle riforme, non il centro della politica italiana». E ammette «un certo senso di liberazione: ora la politica può fare la politica e la magistratura occuparsi di giudicare i reati, senza più interferenze che non hanno mai prodotto niente di buono». Per Brando Benifei, altro giovanissimo esponente Pd e neo-europarlamentare, «non ha più senso fare i tifosi pro o contro la magistratura. Non credo alla pacificazione, il mio giudizio sulla vicenda di Berlusconi è politico e non moralistico o penale: penso che una volta emersa la questione Olgettine come leader politico avrebbe dovuto fare un passo indietro, ma non mi interessa la sanzione giudiziaria. E la sinistra deve recuperare la cultura del garantismo, abbiamo peccato di eccesso di difesa della magistratura, che non può essere intoccabile da critiche o riforme». Giulio Del Balzo, ventenne presidente dei FutureDem, ha un rimprovero da fare al Cav: «Non aver cambiato davvero e a fondo la giustizia per tutti, avendo i numeri per farlo, per difendere tutti e non solo sé stesso dall'accanimento giudiziario».
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