Il Pd torna e subito si spacca. È duello Renzi-Zingaretti

L'ex premier mattatore isola Salvini e apre ai grillini. Ma il segretario lo sconfessa: "Meglio il voto subito"

Il Pd torna e subito si spacca. È duello Renzi-Zingaretti

Un capolavoro assoluto: nel giorno in cui il governo salta per aria, Conte e Salvini si tirano le torte in faccia in pieno Senato e il Pd per la prima volta nella legislatura riesce a tornare al centro della scena, i Dem si spaccano in due.

Finora il gioco lo ha condotto Matteo Renzi, con spregiudicata abilità: l'ex premier ha annusato le debolezze degli avversari, ha infilato un cuneo nella crisi facendo balenare davanti al naso dei grillini smarriti la possibilità di non finire disoccupati, ha fatto perdere la bussola a Salvini mandandolo per la prima volta in tilt. Ieri, nell'aula di Palazzo Madama è stato il protagonista assoluto, accanto a Conte e al capo leghista, con un intervento di durissima accusa a Salvini che non ha risparmiato colpi neppure a Conte, ai grillini e ai loro tardivi ripensamenti: «Lei a Ferragosto ha firmato una bella lettera a Salvini. Peccato che sempre lei abbia firmato anche il decreto sicurezza». Annunciando che da un governo Pd-Cinque stelle starebbe «orgogliosamente fuori», ma che sarebbe «irresponsabile» mandare il Paese in recessione aprendo la campagna elettorale ora.

I naufraghi grillini si aggrappano estatici alle parole renziane come alle scialuppe di salvataggio del Titanic, fanno trapelare di aver trovato l'intervento dell'ex premier «molto importante». Salvini lo guarda livido dai banchi della Lega. Poi però, a tirar su il morale del povero Capitano arriva il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Scavalcato da Renzi, accerchiato nel partito dai big che premono per evitare un voto immediato che premierebbe Salvini, Zingaretti però non demorde: vuole - come Salvini - le elezioni a ottobre, convinto che il Pd possa anche vincerle, dicono i suoi. Le vuole innanzitutto per sottrarsi al logorio cui i prossimi mesi lo sottoporrebbero, tanto più se dovesse trovarsi a sostenere un governo con i Cinque stelle e a fare la manovra di fine anno. E poi perché dare via libera all'operazione vorrebbe dire consegnarsi mani e piedi al medesimo Renzi, certificare la sua egemonia sui gruppi parlamentari e affidargli le chiavi della legislatura.

Così il segretario Pd alza subito i paletti: «In questi 14 mesi, Conte è stato il presidente del Consiglio, anche del ministro Salvini, e se tante cose denunciate sono vere perché ha atteso la sfiducia per denunciarle?» E ancora: «Qualsiasi nuova fase politica non può non partire» da una ammissione di colpa del premier e del cosiddetto «capo politico» dei grillini, ossia Di Maio. «Sta provando a far saltare tutto», dice un dirigente dem. Del resto Renzi in aula aveva già avvertito: «Se Salvini potrà vincere la sua sfida e ottenere il voto sarà con l'accordo, e non dico connivenza, di una parte anche del mio schieramento».

Intanto i supporter della linea del segretario si scatenano contro Renzi, a cominciare da Carlo Calenda: «Direi che la Direzione del Pd di domani è inutile. Renzi ha già dato in aula la linea del partito: apertura ai 5Stelle». La Direzione si riunisce stamattina, i capicorrente dem sono freneticamente al lavoro per trovare una possibile mediazione. «Faremo votare un documento che impegna la delegazione a verificare ogni possibile alternativa alla crisi», spiegano i pro-governo.

Il Quirinale (che aprirà le consultazioni nel pomeriggio proprio per dar modo al partito chiave della crisi di decidere una linea, anziché due opposte) aspetta la delegazione dem per sapere se ci siano o no i numeri per una nuova maggioranza. E la delegazione è composta, al momento, da un segretario che vuol votare con Salvini e due capigruppo che vogliono fare un governo con i grillini.

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