Cosa sta succedendo nel Pd. Ora Zingaretti trema davvero

Il Pd è già caduto in una crisi profonda. La minoranza chiede il Congresso e il segretario Nicola Zingaretti è sul punto di mollare

Cosa sta succedendo nel Pd. Ora Zingaretti trema davvero

Il governo Draghi si è insediato da appena due settimane e il Pd è già caduto in una crisi profonda. Il segretario Nicola Zingaretti è stretto tra chi mal digerisce i nuovi alleati di governo e chi contesta il sostegno incondizionato all'ex premier Giuseppe Conte.

Le richieste di un nuovo Congresso si fanno sempre più pressanti e la querelle sulla rappresentanza femminile nel governo ha acuito le tensioni preesistenti. “Il Pd ha bisogno di una discussione vera, di rango congressuale. Non di una conta interna tra apparati, ma di una vera e propria rigenerazione del partito, chiamando a raccolta le migliori energie del Paese”, spiega a ilGiornale.it l'ex viceministro all'Economia Antonio Misiani che, poi, sottolinea: “Ci confronteremo anche sulla leadership, naturalmente, e sarà Zingaretti a decidere sul suo futuro”. In ogni caso il Congresso non sarà imminente: “Difficile – aggiunge Misiani - fare le primarie in una fase in cui si ipotizza il rinvio delle elezioni amministrative”. È dello stesso avviso anche la collega Giuditta Pini, esponente della minoranza del partito, che attacca: “La linea 'o Conte o voto' ci ha portato all'isolamento. Se si deve decidere un'alleanza strutturale col M5S non si fa con un'intervista di Bettini, ma con un congresso vero e non a tesi, un congresso con le primarie da tenersi una volta che sarà finita la pandemia”.

Anche il sondaggista Renato Mannheimer non ci nasconde il grave momento di difficoltà che vive il segretario del Pd: “Zingaretti con la sua gestione un po' opaca che, secondo alcuni, ha sottomesso l'identità del Pd ai Cinquestelle, suscita dubbi e perplessità anche all'interno del partito”. E aggiunge: “ll suo limite è quello di non riuscire a imporre una sua visione. L'idea di 'Conte o morte' è stata un'idea sbagliata. E ora? Oltre l'Europa, la democrazia ecc...Quali sono gli obiettivi del Pd al governo?”. Quesiti su cui si interroga anche la deputata Pini: “La linea del Pd non è chiara su nulla tranne che sul fatto che dobbiamo fare un'alleanza con Conte. Perché?”. E, poi, incalza: “Quali sono le leggi che vogliamo portare a casa? Chi sono le persone che vogliamo rappresentare? Se tutto questo non è chiaro, possiamo essere schiacciati da chiunque, non solo dalla Lega”. Un punto fermo sul quale, invece, secondo il dem Misiani non si deve tornare indietro è l'alleanza giallorossa e, interpellato sull'intergruppo parlamentare, precisa: “È una scelta utile nella dinamica istituzionale, ma non certo l’alba del nuovo Ulivo. Con i 5 stelle e LeU abbiamo condiviso un’esperienza di governo importante. Sarebbe insensato disperdere questo lavoro comune”.

Ma, proprio sulle alleanze, sembra che il Pd si stia incartando nuovamente, anche per le difficoltà oggettiva di tenuta del Movimento Cinque Stelle. Mannheimer, a tal proposito, ci fa notare che: “L'alleanza col M5S è molto contestata sia dentro il Pd sia dentro i Cinquestelle, ma meno rispetto alla partecipazione al governo con la Lega perché in entrambi i partiti c'è voglia di avvicinarsi”. E, secondo il sondaggista, l'intervista di Luigi Di Maio a Repubblica nella quale ha definito il Movimento “un partito liberale” va proprio in questa direzione, a maggior ragione in vista delle amministrative dove “soprattutto ai ballottaggi, le alleanze vanno fatte”. Insomma quella tra Pd ed M5S pare un'alleanza destinata a durare nel tempo “sempre che i Cinquestelle continuino ad esistere perché loro sono ancora più in crisi che il Pd”, ci fa maliziosamente notare Mannheimer. E su questo punto Misiani ribadisce: “Le alleanze sono indispensabili per governare, la logica di autosufficienza della stagione renziana ci ha portato contro un muro alle elezioni del 2018. Ma noi oggi dobbiamo investire sul Pd, ricostruirlo e rinnovarlo con l’ambizione di tornare ad essere la prima forza politica del Paese”.

Un altro grave problema del Pd sono proprio i sondaggi. Dal 2018 a oggi, nonostante il cambio della guardia tra Renzi e Zingaretti a capo della segretaria, i dem hanno continuato a viaggiare tra il 18 e il 20% ed è costantemente tallonato da Fratelli d'Italia. “Se siamo inchiodati a queste cifre, non possiamo dire sempre che è colpa di Renzi”, osserva la Pini che ricorda: “Negli ultimi due anni abbiamo avuto due scissioni, abbiamo fatto due governi con due maggioranze completamente diverse. È il momento di fermarsi e discutere anche perché far finta che non ci sia il problema non credo aiuti a risolvere il problema”. Il politologo Gianfranco Pasquino, però, ammonisce: “Credo che si debbano seguire le procedure dello Statuto e che non vi debba essere nessuna accelerazione. Mettere in crisi Zingaretti in questa fase sarebbe un errore, vuol dire creare problemi sia al Pd sia al governo”. Congresso o non congresso, il Pd resta comunque un partito diviso, soprattutto dentro il Palazzo. “Renzi ha nominato una buona parte dei parlamentari del Pd e alcuni di loro sono quella che io chiamo una 'quinta colonna'. Dopo di che lui può fare la mosca cocchiera perché non ha grandi responsabilità, ma ha ricattato ripetutamente l'attività parlamentare e, alla fine, ha prodotto la caduta di Conte”, attacca il professor Pasquino.

Secondo Mannheimer, invece, nel Pd convivono: “l'anima ex comunista, quella cattolica e quella riformista e questo impedisce di trovare un'identità chiara e unica che trascini”. E aggiunge: “D'altro canto quando qualcuno come Renzi cerca di avere un'identità più forte viene fatto fuori”. Zingaretti non ha mostrato grande personalità e, ora, “c'è bisogno di un leader che porti il fuori da questa crisi”. Uno dei nomi più ricorrenti è quello di Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna, ma chiunque dovesse prendere il posto di Zingaretti si troverà in una posizione molto difficile.

“Dovrà tacitare gelosie e divisioni e dovrà tener insieme tante correnti diverse”, conclude il sondaggista che non esclude l'arrivo di un segretario donna. Su questo la Pini è molto chiara: “Se deve essere una donna solo per mettere il fiocchetto rosa dico di no, se c'è un bel progetto allora sì”.

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