Politica internazionale

"Pechino pericolo reale. I governi precedenti ingenui con il regime"

Il capogruppo di Fi in commissione Esteri: "Sono una dittatura. Non dobbiamo fargli la guerra, ma non chiuderemo più gli occhi"

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Per troppo tempo è stata considerata solo un'opportunità.

«Ma si vedeva solo una parte della realtà - afferma Andrea Orsini, deputato di Forza Italia, capogruppo in Commissione Esteri, fino all'ultimo molto vicino a Silvio Berlusconi - ora finalmente l'Occidente, Usa in testa, sta prendendo consapevolezza: la Cina è anche un pericolo». Anzitutto economico.

È la vigilia di una nuova Lehman Brothers?

«Speriamo di no. La finanza americana era ed è molto più connessa alla nostra di quella cinese e questo fa pensare che ci saranno danni, ma inferiori rispetto a quelli causati dal ciclone innescato dal fallimento della banca di New York».

Che cosa sta accadendo in Cina?

«Da qualche tempo vediamo vistosi segni di frenata da parte di Pechino. La progressione del regime pareva inarrestabile, ma non è così: la gente ha un potere d' acquisto ridotto rispetto a qualche tempo fa e anche la crescita demografica rallenta. Risultato: immobili su immobili invenduti, siamo dentro la classica bolla, ma più in generale è tutto il sistema cinese che arranca».

Globalizzazione. Dobbiamo fare autocritica?

«Continuo a pensare che la globalizzazione sia un fatto positivo, ma deve essere fra pari».

Perché, non è stato così?

«C'è stato un approccio ingenuo, senza considerare che la Cina è guidata da un regime comunista che calpesta i diritti umani, non si comporta con trasparenza nelle relazioni internazionali e ha una politica estera molto aggressiva».

Questo sistema oggi è in crisi?

«Dopo il Covid, che peraltro è partito in Cina ed è stato tenuto nascosto finché è stato possibile, la Cina non ha più recuperato. E oggi i nodi vengono al pettine. Noi dobbiamo e non vogliamo fare la guerra a Pechino, ci mancherebbe, ma dobbiamo far capire al regime che non possono chiudere gli occhi quando fa loro comodo».

La Via della seta?

«Era parte di questo approccio un po' troppo ottimistico e superficiale».

L'Italia che cosa deve fare?

«Non ho certo la pretesa di dare consigli alla Meloni, mi limito a osservare che è in corso un riposizionamento di molti Paesi alleati che hanno deciso di far sentire la loro voce su tutte le questioni in sospeso con il regime».

A Taiwan la situazione rimane in bilico.

«Gli Usa hanno fatto capire a Xi che non sarà tollerata un'invasione dell'isola. D'altra parte ricordo che Silvio Berlusconi ha passato gli ultimi anni della sua vita a spiegare che la Cina non era solo una terra di conquista per imprenditori intraprendenti alla ricerca di grandi guadagni; ripeteva e ammoniva: la Cina sarà il nostro antagonista nel ventunesimo secolo, come Mosca lo è stata nel Novecento. Mi pare che la sua previsione si sia avverata e dobbiamo tenerne conto. Pechino, per fare un esempio, non può rimanere su posizioni vaghe rispetto alla guerra in Ucraina.

Il tempo dell'ambiguità è finito».

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