Guerra in Ucraina

Pechino soccorre Mosca: manovre militari congiunte e asse anti-occidentale

La Cina parteciperà entro fine mese con proprie truppe a esercitazioni militari congiunte in territorio russo

Pechino soccorre Mosca: manovre militari congiunte e asse anti-occidentale

La Cina parteciperà entro fine mese con proprie truppe a esercitazioni militari congiunte in territorio russo. Un messaggio chiaro di sostegno al regime di Mosca che arriva in una fase di relativa difficoltà che le forze inviate ormai sei mesi fa da Vladimir Putin in Ucraina stanno incontrando sul terreno. Si tratta però, soprattutto, di un messaggio politico: la collaborazione tra Cina e Russia sul piano militare è infatti una realtà da tempo, e il senso di questi «giochi di guerra» non ha nulla a che vedere con il conflitto reale che è in corso oltre le frontiere ucraine. Si tratta di un nuovo capitolo di una cooperazione complessa tra Pechino e Mosca, che è forse eccessivo definire «ferrea alleanza senza limiti prefissati» come amano ripetere soprattutto i cinesi, ma che di certo rappresenta il nocciolo duro di uno schieramento apertamente antioccidentale che sta venendo organizzato a livello globale. Esso vede allineati ai due partner principali Paesi autoritari come l'Iran, il Venezuela, la Siria, la Bielorussia e - su piani meno diretti - i regimi della Corea del Nord, di Cuba, della Bolivia, del Nicaragua e (in prospettiva) diverse nazioni africane a partire da quel Mali dal quale Emmanuel Macron ha appena ultimato il ritiro delle truppe francesi, prontamente sostituite dai miliziani russi della famigerata «Orchestra Wagner».

Le esercitazioni in Russia, denominate Vostok, cominceranno il prossimo 30 agosto e la loro durata prevista è di una settimana. Oltre a militari russi e cinesi, vi prenderanno parte contingenti inviati da alleati di Mosca come la Bielorussia e il Tagikistan, ma anche e questo rappresenta un elemento significativo che merita speciale attenzione dall'India. Se qualche osservatore aveva creduto di notare in questi mesi un certo raffreddamento tra Mosca e Pechino, esso si dimostra alla luce di queste notizie solo apparente, e certamente ha pesato nel rinsaldamento del patto tra Xi Jinping e Putin la recentissima crisi di Taiwan provocata dal viaggio a Taipei della numero uno del Congresso Usa Nancy Pelosi: il Cremlino è da tempo inequivocabilmente dalla parte di Xi e della sua pretesa (del tutto lontana dalla realtà) che Taiwan altro non sia che una provincia ribelle cinese, da annettere anche contro la volontà dei suoi abitanti.

Come si diceva, sono anni che la collaborazione militare tra Russia e Cina va avanti: se ne è avuto un esempio recentissimo in Venezuela, dove il regime di Maduro ha ospitato a due riprese esercitazioni cui sono state invitati contingenti russi, cinesi, iraniani, boliviani e di altri poco raccomandabili «Stati canaglia». Alla luce del patto di ferro tra Putin e Xi reso pubblico nello scorso febbraio, essa ha però assunto un significato particolare: Mosca e Pechino dichiarano apertamente di star costruendo un asse mondiale contro l'ordine egemonizzato dagli Stati Uniti e contro il liberalismo economico. I loro regimi autoritari pretendono oggi non solo di non esser più etichettati come dei paria, ma addirittura di rappresentare per il resto del mondo un'alternativa preferibile ai sistemi democratici. Le loro esercitazioni militari congiunte sono dimostrazione di forza e di sfida, oltre che ovviamente motivo di preoccupazione per i Paesi che se ne sentono minacciati. È il caso ad esempio del Giappone, che sente sul collo il fiato sempre più pesante di Pechino, e che nel maggio scorso ha espresso tutta la sua preoccupazione per le esercitazioni aeronavali russo-cinesi a poca distanza dal suo territorio.

Simili minacce spingono a reagire, ed ecco il recente sorgere nell'Indo-Pacifico dell'alleanza Aukus tra Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna, estesa di fatto a Giappone, Corea del Sud e a Paesi minori della regione. Ed ecco la collaborazione militare in funzione anti cinese (e quindi anti russa) denominata Quad tra Stati Uniti, Australia, Giappone e India.

Ma è proprio l'India, con il suo storico rapporto preferenziale con Mosca, a rappresentare per l'Occidente un tassello debole: il premier nazionalista Narendra Modi rifiuta di schierarsi davvero contro i due colossi autoritari, e come dimostra il caso «Vostok» - cerca di tenere il piede in due scarpe.

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