Peli, tampax e patriarcato: ecco il mix esplosivo del nuovo festival woke a Roma promosso da ActionAid. Dal 20 al 25 novembre nella capitale arriva in anteprima mondiale il MUPA: il Museo del Patriarcato. Un viaggio immersivo in un futuro immaginario, il 2148, dove la parità di genere sarà realtà. "Reperti autentici, opere e testimonianze restituiscono l'atmosfera degli anni '20 del 2000, tra dinamiche familiari, stereotipi di genere e violenza normalizzata". Insomma, altro non sembrerebbe che un'operazione di marketing ideologico della sinistra woke che propone di farci credere che viviamo nell'"Italia patriarcale del 2025". Gli eventi sono molti tra talk, performance, laboratori: tutti creati ad hoc sul patriarcato come ordinamento del mondo. Tra questi ecco che spicca l'appuntamento per eccellenza: il laboratorio "Per piacere, uno shooting femminista". Presentato con lessico da manuale woke ma con un dettaglio non indifferente: "l'evento è riservato solo a donne e persone che si identificano come non binarie". Le organizzatrici promettono un'esperienza che ribalta i cliché estetici: "Che trucco scegli per piacere? I capelli come li vuoi? Hai pensato all'outfit?". E ancora, via alle rassicurazioni: "Sì, puoi avere i peli. Sì puoi avere le mestruazioni e l'assorbente con le ali visibili. Sì, puoi spogliarti. Sì puoi rimanere super vestita". Il laboratorio è descritto come un rituale: "Il tuo corpo non è mai stato il problema". Un messaggio condivisibile, certo, ma che stride con l'idea di un museo che denuncia l'oppressione dei sistemi chiusi, creando un evento che definisce rigidamente chi può entrare e chi no. La contraddizione è evidente: mentre il MUPA invita il pubblico a riflettere su un mondo più aperto e inclusivo, questo laboratorio stabilisce nuovi confini e nuove esclusioni dando vita a un paradosso assurdo: la libertà, per i seguaci woke, sarebbe concessa solo a chi fa parte della categoria LGBTQ? E mentre nello shooting ci si occupa di identità, a pochi metri di distanza si celebra la ribellione creativa con il laboratorio di "Ricamo erotico selvaggio". La conduttrice assicura che il ricamo non deve più essere "all'altezza dei ricami delle nostre nonne". E allora via: "Sprigioneremo il potenziale creativo punk e soprattutto erotico". In pratica, ago e filo trasformati in manifesto politico: l'orgasmo a punto croce. Ecco il Museo del Patriarcato: politica woke e concentrato di teorie gender. Un luogo dove il corpo diventa manifesto politico, le mestruazioni diventano atto militante e persino i peli superflui si trasformano in simbolo della rivoluzione intersezionale.
Ma il MUPA è anche il prototipo del mondo che una certa sinistra woke sogna di imporre, costantemente impegnata a riparare traumi che spesso esistono solo nelle teorie dei suoi sacerdoti ideologici. Ecco perché il MUPA non racconta il futuro: racconta un avvertimento.