Politica estera

Pensioni, Borne fa flop con i sindacati. La piazza si incendia, Macron a rischio

La premier: "Scambio rispettoso di idee". I lavoratori: "Un fallimento". Oggi nuove proteste, rischi di radicalizzazione

Pensioni, Borne fa flop con i sindacati. La piazza si incendia, Macron a rischio

In Francia si comincia a parlare di un'alternativa a Emmanuel Macron. Ieri, il sondaggio choc: se si rivotasse oggi, vincerebbe Marine Le Pen, che otterrebbe al secondo turno delle presidenziali il 55%, contro il 45% dell'attuale inquilino dell'Eliseo. Non c'è quindi solo l'ondata di proteste contro la riforma delle pensioni, la cui sorte è ora appesa al parere del Consiglio costituzionale, che si esprimerà il 14 aprile. Né la bandiera dei sindacati, che oggi tornerà a sventolare per l'undicesima volta in 370 cortei, con 11.500 poliziotti e gendarmi schierati, di cui 4.200 a Parigi, per tamponare gli 800 black bloc attesi. La rilevazione dell'istituto Elabe per Bfmtv segna uno spartiacque da inizio crisi.

Il tonfo nei sondaggi non smuove Macron dal suo traguardo: portare la Francia ad andare in pensione da 62 a 64 anni entro il 2030, cancellando parte dei regimi pensionistici speciali che privilegiano una folta schiera di lavoratori, da quelli della Ratp, il sistema dei trasporti di Parigi, fino ai dipendenti del settore gas ed elettricità e al personale della Banca di Francia e del Consiglio economico, sociale e ambientale. La riforma, ieri, è stata rivendicata dalla premier Elisabeth Borne, che ricevendo i sindacati a Matignon l'ha ri-definita «necessaria», spiegando che andrà avanti. Un incontro «inutile», un «fallimento», secondo le parti sociali, che stigmatizzano l'atteggiamento di chi «vuole continuare a governare contro il Paese». E visto che l'Eliseo affronta pure una battaglia di comunicazione - non riuscita, tra l'intervista a Playboy della viceministra Marlène Schiappa e la scelta di Macron di rivolgersi al magazine a fumetti Pif Gadget, per spiegare le sue scelte - le parole volate a porte chiuse, tra premier e sindacati, hanno portato ai minimi storici i rapporti tra governo e parti sociali.

Una giornata segnata dallo «schiaffo» di Borne (copyright della neosegretaria della Cgt, Sophie Binet, 41enne che ha appena spodestato dalla guida della sigla massimalista Philippe Martinez). A cui l'entourage di Macron ha aggiunto che «se la gente non voleva andare in pensione a 64 anni», non era necessario metterlo «in testa al primo turno» delle presidenziali. Benzina sul fuoco. Altro che mediazione, per i sindacati il governo si è dimostrato «ottuso» e «irresponsabile». L'incontro, per Borne, si è rivelato un boomerang.

Macron confermato presidente appena l'anno scorso era già in difficoltà. Da giorni cede nel gradimento, a causa della forzatura con cui ha fatto passare la riforma senza sottoporla al voto dell'Assemblée; un affronto, per sindacati e studenti, uniti ai cortei. E anche se ha vinto le elezioni avendo la riforma nel programma, Macron ha contraddetto un impegno solenne: far ricorso all'articolo 49,3 solo per leggi minori. Se i «saggi» daranno via libera, avrà 15 giorni per farla entrare in vigore, di trimestre in trimestre, da settembre. Un processo graduale. Ma tra i sindacati c'è chi parla di «frattura insanabile», di «scisma» del potere politico. E chi, come il segretario della sigla più riformista, Laurent Berger (Cfdt), evoca una «crisi democratica». Le prossime elezioni sono le europee 2024. La destra lepenista è pronta a passare all'incasso. Una certezza c'è: «Le Pen prospera». Lo ammette lo stesso Berger, dopo una giornata che ha stampato nella storia del secondo Macron la fine del dialogo sindacale con Borne.

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