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Pensioni, quel "favore" ai sindacalisti che alza loro la retribuzione mensile

Grazie all'interpretazione di una legge del 1996, tra i sindacalisti del pubblico impiego c'è stato chi ha avuto una retribuzione tre volte maggiore rispetto a quella che avrebbe dovuto percepire. Un caso su tutti è quello di Raffaele Bonanni

Pensioni, quel "favore" ai sindacalisti che alza loro la retribuzione mensile

L'interpretazione di una legge del 1996, in materia pensionistica, ha fatto in modo che tra i sindacalisti del pubblico impiego ci sia stato chi è riuscito ad avere una pensione tre volte maggiore di quella che avrebbe dovuto percepire in base ai contributi versati, facendola diventare, in qualche caso, una "pensione d'oro". In maniera perfettamente regolare. Nel 2016, però, la Corte dei Conti era intervenuta respingendo il ricorso di un segretario della Gilda insegnanti e aveva stabilito che questo sistema doveva cessare e, secondo quanto riportato da Repubblica, se oggi questo criterio venisse abolito sul serio, il loro assegno scenderebbe del 27%.

Il calcolo (spiegato)

Da un campione Inps di sindacalisti è emerso infatti che, ricalcolando la loro pensione sulla base degli ultimi dieci anni, l'assegno scenderebbe, in media, del 27%, con un picco del 66%. Il picco riguarda un "pensionato d'oro", ex sindacalista ed ex dirigente pubblico, con assegno annuo di 114mila euro. Senza il calcolo "di favore" scenderebbe a 39mila euro.

La prassi

In queste ore, una circolare dell'Inps sembra aver risposto a quella sentenza, ma secondo l'ex presidente, Tito Boeri, il documento non fa altro che confermare quella prassi, addirittura estendendola a tutti i sindacalisti. Perché chi viene distaccato o si mette in aspettativa per svolgere attività sindacale può ricevere dal proprio sindacato una "contribuzione aggiuntiva" rispetto a quella del proprio datore di lavoro e può, in questo modo, recuperare gli aumenti di stipendio che si è perso con il distacco. Gli anni di attività sindacale, anche se svolti dopo il 1992, possono contare, ai fini pensionistici, sulla manovra pre-92, molto più vantaggiosa di quella successiva, perché il calcolo della pensione viene fatto sulla base dell'ultima retribuzione (quota A) e non sulla media degli ultimi dieci anni (quota B). Ed è accaduto, nel tempo, che nell'ultimo mese prima di lasciare il lavoro, il sindacalista ottenesse forti aumenti di stipendio, ergoati proprio per alzare il suo assegno previdenziale.

Il caso Bonanni

Uno degli esempi riguarda l'ex leader della Cisl, Raffaele Bonanni, la cui retribuzione è salita a 336mila euro lordi, tanto da poter andare in pensio con circa 8mila euro al mese.

Il sistema non viola le leggi, ma il punto riguarda l'opportunità che circa 2mila sindacalisti del pubblico impiego (numero stimato dall'ex presidente Boeri) possano avere un trattamento economico più alto rispetto ai colleghi che ricoprono lo stesso ruolo, che non lavorano nel sindacato e che hanno la pensione calcolata sull'ultima retribuzione solo per gli anni precedenti il 1992 e non dopo.

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