Il professor Alessandro Campi sembra convinto di come la destra della contrarietà ai provvedimenti anti-pandemici, soprattutto green pass (ma non solo), rischi di snaturare se stessa. Il tutto con il tentativo di referendum sul "certificato verde" ad animare certo libertarismo.
Professor Campi, il ministro Giorgetti sostiene l'estensione del green pass per evitare nuovi lockdown. Sembra una linea del buon senso, no?
"Al buon senso politico aggiungerei il fatto che questa posizione è in linea con la sensibilità dominante tra gli stessi elettori di centrodestra. C’è dunque anche un problema di convenienza e opportunità. Un partito che finisce per sostenere posizioni troppe diverse da quelle dei suoi simpatizzanti prima o poi ne paga il prezzo".
Il rapporto tra il concetto di limite e la destra politica in senso lato è in evoluzione?
"La destra un tempo comunitarista e sociale, quella del rispetto all’autorità costituita e dei doveri che vengono prima dei diritti, guarda oggi il mondo solo dal punto di vista degli interessi e dei desiderata soggettivi. La libertà del singolo che si autodetermina, anche dal punto di vista della cure mediche, non può essere soggetta a limitazioni esterne. É assoluta e la politica, nel nome dell’interesse collettivo, non può interferire con essa. Davvero una curiosa deriva politico-culturale. Qualcuno dovrebbe infatti spiegarmi la differenza tra questa posizione, intrisa di anarco-libertarismo nella sua forma più rozza e primitiva, e quella della sinistra che a sua volta considera la volontà individuale e la libertà di scelta soggettiva, sempre e comunque, l’essenza della post-modernità. La destra che politicamente combatte la sinistra in realtà ne è culturalmente succube e la scimmiotta, ancora una volta".
Lei ha parlato di "minoranze rumorose" inseguite da la destra, in che senso?
"Qualunque protesta sorga dal basso, ad opera spesso di minoranze che inclinano all’estremismo verbale, trova ormai una generosa accoglienza in una certa destra politica. Come se il dissenso, anche quello urlato e frutto di paranoie complottiste, fosse in sé meritevole di attenzione. Ma chi l’ha detto? Ci sono le minoranze perseguitate e quelle che perseguitano il prossimo con le loro assurde pretese. Cavalcare la protesta, sempre e comunque, è un azzardo politico. Primo perché le frange lunatiche non sai mai per chi votano, ammesso che votino. Secondo, perché se vuoi essere forza responsabile di governo non puoi assecondare posizioni a dir poco eccentriche, frutto più di cattivi umori collettivi che di un reale disagio sociale".
Ma l'esordio dei temi no vax sul palcoscenico politico si deve al populismo indefinito grillino...
"Ragione di più per non prendere sul serio simili temi. Il grillismo è nato sull’onda di un profondo risentimento sociale travestito da desiderio di cambiamento nel segno di una maggior equità. Il M5S ha sdoganato nella sfera pubblica pulsioni e posizioni che un tempo non sarebbero state prese sul serio nemmeno nelle discussioni da bar. Visto che ora, con Conte, i grillini si stanno dando una bella riverniciata, non si capisce per quale ragione ci si debba intestare battaglie che loro per primi hanno smesso di combattere".
Intravede, sulla scia trumpista, lo sviluppo di una corrente culturale libertariana in Italia (sui vaccini soprattutto)?
"C’è il libertarismo filosofico, che in Italia ha sempre avuto pochi ma assai agguerriti cultori intellettuali (Martino, Lottieri, Mingardi, Bassani, Nicosia). E poi c’è l’anarchismo da straccioni di chi pensa che stare in società significhi farsi solo gli affari propri e non implichi alcun obbligo di reciprocità. O che pensa che lo Stato sia una macchina in sé oppressiva salvo mungerla come una vacca per proprio tornaconto personale. L’idea che possano esserci impiegati pubblici, gravanti per definizione sulle tasche degli italiani, che pensano di combattere la loro battaglia di libertà contro quello Stato che paga loro lo stipendio mensile, è di quelle che non si possono né sentire né tollerare. Libertari, ma col posto fisso".
Ma il conservatorismo ed il liberalismo non dovrebbero invece avere un rapporto meno liquido con la "libertà"?
"La libertà assoluta semplicemente non esiste. Ci sono determinazioni biologiche, istituzionali, sociali e morali che ci impediscono strutturalmente di agire secondo volontà e senza limiti. Peraltro se tutti lo facessero saremmo in stato di guerra permanente. Ai grandi pensatori della tradizione conservatrice, da Burke in avanti, questo è stato sempre chiaro: l’esercizio della liberà è un’eterna lotta con i fattori che, per il fatto stesso di limitarla e condizionarla, consentono tuttavia di apprezzarla meglio e di esercitarla concretamente. Ma anche i grandi teorici del liberalismo non si sono mai sognati di considerarla qualcosa di assoluto e illimitato. Il problema semmai è difenderla da un potere che ha la tendenza fisiologica ad espandersi. Da qui la necessità di regole e limiti formali che sono una garanzia per gli individui, ma anche la necessaria cornice per rendere l’esercizio della libertà concreto e tangibile: a beneficio proprio e nel rispetto degli altri. "La libertà – scriveva Bertrand de Jouvenel, un pasdaran politico-filosofico del liberalismo – consiste nel fatto che la nostra volontà non sia affatto soggetta ad altre volontà umane, ma regga da sola le nostre azioni, e si arresti unicamente nel momento in cui dovesse offendere le basi indispensabili della vita sociale". Più chiaro di così…".
Per conseguenza, la destra - lei sostiene - dovrebbe guardare alla "maggioranza silenziosa"...
"Come le minoranze non hanno sempre ragione per il solo fatto di essere tali, così la maggioranza non sta dalla parte del giusto solo per ragioni di numero. I pochi possono sbagliare esattamente come i molti. Ciò detto, la destra in Italia si è sempre distinta per la sua capacità a dare visibilità pubblica a posizioni, atteggiamenti, valori, aspirazioni e modi di pensare che, per quanto maggioritari nel corpo sociale, spesso non hanno trovato un’adeguata forma di rappresentazione nella sfera pubblica ufficiale. Questo fece la Democrazia Cristiana, questo ha fatto Forza Italia. Questo hanno fatto la stessa Lega e i post-missini sino a tempi recenti. Prima cioè della svolta movimentista-protestataria dei loro leader".
Draghi, insomma, è più conservatore del previsto (e della narrativa)...
"Draghi è un tecnocrate – sia detto senza alcuna polemica – che abbiamo chiamato a fare quel che la politica italiana non aveva la forza di fare: cambiare il Paese dopo decenni di immobilismo. Lo abbiamo scelto per le sue competenze professionali e in virtù della sua straordinaria rete di relazioni su scala internazionale. Il suo è un compito commissariale, che come tale sta implicando una contrazione della normale dialettica democratica, come appunto dimostra la sin troppo eterogenea maggioranza che lo sostiene. Prima farà, e meglio farà, prima si potrà tornare a dividersi secondo tradizioni e famiglie politiche, sperando che queste ultime nel frattempo abbiano trovato la forza di aggiornarsi e cambiare".
Cosa ne pensa del referendum per l’abolizione del green pass?
"Legittimo raccogliere le firme per arrivare al referendum, anche se con gli attuali sistemi digitali dovremmo porci il problema di regolare meglio quest’istituto: dalla raccolta appunto delle firme necessarie per richiederlo al suo svolgimento dopo una campagna d’informazione che faccia ben capire la posta in gioco e le posizioni alternative esistenti su una certa materia. Sul green pass temo che si assisterebbe ad una campagna referendaria tutta giocata sullo scontro tra gli autonominati paladini della libertà e quelli che, per il solo fatto di credere nell’utilità del green pass, vengono considerati dai primi dei volenterosi carnefici di se stessi.
Al contrario, questi ultimi considerano i contrari al green pass come degli esaltati che invece di affidarsi ciecamente alla scienza credono nei complotti. Francamente è uno scontro di cui, col clima già sovraeccitato che abbiamo in Italia, si farebbe volentieri a meno".
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