Perché non deve stupirci la "miss" di tredici anni

Ora sulla passerella c'è lei, con il suo sogno effimero. Un sogno molto più grande di quell'età, della sua età, un'età in cui non si dovrebbe sfilare in quel modo

Perché non deve stupirci la "miss" di tredici anni
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Inorridite pure ma, per favore, non stupitevi. Non stupitevi della ragazzina che a soli tredici anni sogna di diventare la più bella di quel reame che è la sua, la nostra Italia. Non stupitevi del video che in queste ore rimbalza ovunque sui siti di informazione e che dovrebbe svelarci molto più di quanto non faccia la notizia in sé. Non stupitevi di quei frame che "rubano" il corpo di una ragazzina che a tredici anni forse è ancora una bambina ma che agghindata così, in bikini nero, trasparenze e scarpe con il tacco, mostra movenze e fare da adolescente, se non addirittura da adulta. Esattamente come farebbe una top model, una delle tante che avrà visto, sin da quando era piccolina, sfilare nelle pubblicità da cui è stata bombardata quasi quotidianamente e forse anche involontariamente. Ora sulla passerella c'è lei, con il suo sogno effimero. Un sogno molto più grande di quell'età, della sua età, un'età in cui non si dovrebbe sfilare in quel modo, non si dovrebbe sfruttare il proprio corpo in quel modo, non si dovrebbe partecipare a un concorso dove ci sono concorrenti che non sono più ragazzine.

Sono immagini disturbanti. Dovrebbero farci inorridire tutti quanti, sia che siamo genitori sia che non lo siamo. Epperò, se abbiamo un briciolo di onestà intellettuale, non possiamo dirci stupiti. Perché quelle stesse immagini (filmati molto simili) riempiono, ogni giorno, le bacheche dei social network, i gruppi di WhatsApp, le gallerie fotografiche degli smartphone che sul finire delle elementari sempre più genitori, troppo spesso irresponsabilmente o quantomeno troppo superficialmente, regalano ai propri figli. Perché, anche se non le guardiamo scorrere, reel dopo reel, sappiamo che esistono. Lo sappiamo eccome. Affollano le storie di profili che non potrebbero nemmeno essere aperti perché l'età è inferiore a quella prescritta. E, anche laddove l'anagrafica lo consenta, i frame che scorrono anestetizzando gli occhi di chi li guarda sono comunque sconvenienti, non si addicono cioè alle ragazzine che li girano, spesso chiuse nella propria camera da sole o con qualche amica, e poi, dopo averli truccati con i dovuti filtri (gli stessi usati dalle madri), li condividono senza pensare alle conseguenze. Perché per loro è normale. Come sarà parso normale a quella tredicenne sfilare davanti a un pubblico di adulti. E se per tutte loro è normale, se nessuna di loro ci vede alcunché di malizioso, è perché la nostra società le sta abituando così. Dunque. Dopo aver provato orrore davanti a quelle immagini, facciamo lo sforzo di interrogarci sui modelli da seguire che stiamo consegnando ai nostri ragazzi.

In molti diranno che è tutta colpa dei social network. E sicuramente, in parte, hanno ragione. Ma è troppo comodo. Perché la vera colpa, forse l'unica, è del modello educativo proposto. Perché gli smartphone sono soltanto uno strumento che i ragazzini faticano a gestire.

E, dietro quello strumento, troppo spesso c'è un vuoto: se non valoriale, educativo. E questo vuoto dovrebbe spingerci ad interrogarci. E non limitarci ad un effimero stupore davanti ad una tredicenne che sfila in tacchi a spillo.

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