
Il soldato accessoriato sale sul mostro d'acciaio e si siede. Come una marionetta fra migliaia di uniformi pronte a fare fuoco. Anche l'omino sconosciuto che fece venire un groppo in gola al mondo intero salì lassù, in quella selva di torrette e mitragliatrici pronte ad azzannare come i denti del drago, e portò il suo ramoscello di speranza. Stesso luogo, Piazza Tienanmen, trentasei anni dopo. Cinque giugno 1989, 3 settembre 2025.
Al centro c'è sempre un carro armato. Anzi, colonne e formazioni geometriche di esibita potenza militare. Allora un signore senza nome, con i pantaloni neri, la camicia bianca e due borse della spesa fra le mani, riuscì a bloccare la furia di Pechino prima di essere afferrato da due tizi in divisa blu ed inghiottito dalla storia.
"Il mondo vive di nuovi momenti cruciali", pontifica dalla tribuna Xi Jinping, vestito con la dovuta teatralità come il più illustre dei suoi predecessori, il fondatore dell'impero comunista Mao Tse-tung.
"Comandante, serviamo il popolo", grida il soldato. Il martire di Tienanmen quel giorno invece taceva, come Gesù davanti a Pilato, poi apostrofò il soldatino che aveva aperto la botola, non comprendendo quell'imprevedibile ronzio umano.
La parata di ieri, davanti ad una sporca dozzina di leader del Sud globale, è una manifestazione imponente di culturismo militare e si calcola che sia costata qualcosa come 5 miliardi di dollari fra prove, carburante, spostamenti e alloggiamenti.
Missili. Droni. Veicoli. Camion che trasportano ordigni di tutte le fogge. Perfino lupi robot. Bandiere rosse con le 5 stelle e una coreografia grandiosa. Sembra di stare in uno zoo della tecnologia più avanzata e feroce. Migliaia di uomini inquadrati come manichini completano le loro evoluzioni davanti a Putin, Kim e altri capi accartocciati nella loro ieratica senescenza.
"Il mondo scelga fra la pace e la guerra", tuona il Capo supremo e dalle immagini sembra che lui abbia stabilito di riempire la prima parola con la seconda. I toni sono bellicosi. Le minacce nemmeno velate, la pace sembra una nebbia sottile dietro cui potrebbe esserci, sorpresa ma non troppo, l'invasione di Taiwan.
Questi carri armati più che portare la stabilità sembrano preparare la distruzione, altre guerre, altre sciagure a queste latitudini dove l'atomica nel 1945 debuttò con la sua immane capacità di annientamento.
Però la storia ci ha fatto capire che al copione già scritto può essere tolta una virgola, un punto, una lettera o una frase: Davide uccide Golia, San Francesco va dal Sultano, il puntino umano di Tienanmen tiene in scacco per qualche minuto l'apparato, Zelensky decide di non fuggire quando i giochi sono già fatti.
Oggi il Sud del mondo, quasi sempre a matrice dittatoriale, spalanca la bocca zeppa di armi e pare sul punto di ingoiare la nostra civiltà, i nostri ideali, le nostre amletiche debolezze.
Però abbiamo visto queste sfilate riempire l'orizzonte in altre piazze e queste lingue di fuoco sono evaporate nel nulla e nel mistero della storia.
Prima di essere impiccato a Budapest, Imre Nagy disse: "La mia sola consolazione in questa situazione è sapere che presto o tardi verrò assolto da tutte le accuse per le quali devo
sacrificare la mia vita". Dopo il crollo del Muro, quella profezia si avverò e il Primo ministro che aveva sfidato i carri sovietici fu riabilitato.Chissà. Forse un giorno l'ignoto di Tienanmen salirà di nuovo sul carro armato.