Il Pd va avanti come un treno. Le accuse di Giuliano Pisapia prima nel partito provocavano stupore. Ora solo irritazione e un effetto che il sindaco non ha considerato: compattano la catena di comando renziana. Alessandro Alfieri e Pietro Bussolati, segretario regionale e metropolitano, un po' spazientiti recapitano a Palazzo Marino lo stesso messaggio: «Non esiste questa divisione fra un Pd buono e un Pd cattivo» scandisce il primo. «Esiste un solo Pd e da sempre Renzi dà autonomia ai territori» fa sapere il secondo. In effetti il sindaco anche sabato ha tentato di infilare un cuneo fra gli umori della base milanese e i diktat «romani» (cioè di Renzi). «Credo che qualcuno nel Pd a Roma abbia la certezza che la realtà milanese sia un percorso da sconfiggere e non replicare» ha detto Pisapia all'iniziativa «La Milano che possiamo», proponendosi come garante di una continuità con l'esperimento «arancione», nato nel 2011 (e proseguito finora in modo non sfolgorante). «Oggi dobbiamo difendere quella coalizione del 2011 e quella qualità programmatica», gli ha fatto eco il leader di Sel, Nichi Vendola.
La risposta politica del Pd è molto semplice: «I fatti dicono il contrario: negli ultimi due anni sono state fatte tutte alleanze Pd-Sel-liste civiche» fa presente Alfieri. Insomma, nessuno vuol mettere alla porta Sel: «Per noi il 2011 è un bel punto di partenza» spiega Bussolati. Appunto, di partenza. È chiaro che il Pd non vuole replicare una formula nata in un'altra stagione politica, che lo vedeva sottoposto a un'egemonia dei movimenti, per debolezza politica prima ancora che elettorale (era l'era dei referendum). Questo è il nodo: dove sta il motore della coalizione? Il Pd non si nasconde: «Il tema è che il Pd veleggia sul 40% - dice Alfieri - rivendica la guida della coalizione, senza essere arrogante, senza l'illusione dell'autosufficienza». «Il partito nazionale, soprattutto con Renzi, sta dando ampie autonomie al partiti locali». Quindi il Pd milanese gestirà la partita, anche se lo farà in stretto contatto col nazionale, incarnato dal lombardo vicesegretario Lorenzo Guerini.
Il tema dei nomi viene dopo. Chi «comanda» è il punto. Il ritiro di Pisapia ha sancito la fine della stagione arancione. E d'altra parte non si capisce perché il sindaco abbia alzato bandiera bianca, se teneva così tanto a quella formula (partiti ai margini e movimenti al centro) che solo lui poteva incarnare. A questo punto il Pd respinge al mittente l'accusa di voler politicizzare la partita: «Non capisco questa insistenza - riflette Alfieri - non vorrei che qualcuno in Sel volesse trovare in Pisapia la sponda per costruire esperimenti di coalizione sociale e fare le prove generali a Milano. Noi abbiamo le idee chiare, il Pd parla a un'ampia fetta della città. Se qualcuno vuole costruire ipotesi diverse il problema è quello». E il problema è anche che qualcuno dentro il Pd sembra strizzare l'occhio a formule diverse dalla vocazione maggioritaria di Renzi. Entusiasta dell'iniziativa di Sel è l'assessore Pierfrancesco Majorino, che arriva dalla sinistra del partito ma sogna di vincere le primarie tessendo un progetto trasversale (non appiattito sull'inconcludente area di Pippo Civati).
Un entusiasmo eccessivo, per Alfieri: «Vendola non perde occasione per lanciare improperi verso il Pd - ha detto - io mi aspetto che si sappia anche prendere le distanze da certi attacchi a Renzi. Io ho sempre difeso il mio segretario, anche quando era Bersani».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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