La pista dell'ideologia porta in un vicolo cieco

La pista dell'ideologia porta in un vicolo cieco

La Milano della sinistra ha il vizio dell'ideologia. Dai diritti civili alle politiche territoriali, questa amministrazione comunale ha mostrato una chiara propensione a governare i problemi partendo da una posizione astratta e generale, da cui far derivare le scelte concrete. Il tema delle ruote non fa certo eccezione, anzi è un chiaro esempio di questo approccio. Altrove lo sviluppo delle piste ciclabili non è neanche (più) una discriminante fra destra e sinistra, è un assunto di civiltà condiviso da cui discendono scelte pragmatiche. A Milano invece la pista ciclabile oggi è assunta come una totem, da contrapporre ovviamente alla mobilità tradizionale, quella su gomma, esecrata e bistrattata. Il punto è che questo approccio - l'ideologia abbinata al suo «rovescio della medaglia», la propaganda - non risolve i problemi e anzi forse li aggrava. Pensiamo alle piste ciclabili realizzate in questi anni. I casi non si contano: piste ciclabili mal concepite, piste ciclabili contestate dai residenti, piste criticate dagli stessi ciclisti, piste costose e inutili. Pensiamo alle vicende riportate dalle cronache di questi anni: viale Forze Armate, via Gallarate, il Castello, viale Tunisia. Spesso si è trattato di una passata di vernice su strade rimaste praticamente identiche, con un portato di pericolosità inevitabile. A volte si è trattato di opere che non è esagerato definire assurde. Il caso di viale Tunisia è diventato proverbiale: non passa giorno senza che qualcuno protesti per quest'opera, a cui vengono attribuiti anche incidenti molto frequenti. Altro caso su cui riflettere, quello del Castello: la pista più contestata degli ultimi tempi ha cancellato un gran numero di posti auto e ha stravolto una viabilità che funzionava, condannando un'area nevralgica di Milano a una condizione di nevrosi - da traffico. Ecco che succede: si segue un mito, si vuole sbandierare sotto elezioni una sensazionale percentuale di incremento delle ciclabili, da dare in pasto a supporter affamati di ideologia.

Le Zone 30 rischiano di fare il bis, basti pensare a quanto l'assessore Pierfrancesco Maran è andato affermando in zona 7, manifestando l'intenzione di introdurre un limite in via Washington, dipinta come viabilità «locale, di quartiere». «Dimostra di non conoscere la città che amministra - si è arrabbiato l'azzurro Marco Bestetti - è noto che si tratta di una strada di collegamento». Ecco i guasti di un approccio ideologico.

Se la verità rivelata viene distesa su una serie di casi - e senza tener conto di esigenze concrete, puntuali, minute - non si bada a compromessi, non ci si ferma a pensare alle esigenze di residenti e categorie, si va avanti spediti su una strada che porta in un vicolo cieco. E alla fine si scontenta tutti, come nelle peggiori storie amministrative.

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