Bocciato da chi l'ha voluto su quella poltrona. Un atto di sfiducia dell'area giallo-rossa all'operato del capo supremo della Rai, che si può leggere anche come un avvertimento al capo del Governo. I rappresentanti in Cda del Pd (Francesca Bria) e dei 5 Stelle (Alessandro Di Majo) hanno bocciato il budget 2022 presentato l'altro ieri dall'ad Carlo Fuortes. Hanno detto no, cioè, all'impianto su cui basare il risanamento dell'azienda che, tra l'altro, dopo anni, prevede un pareggio di bilancio. Con il paradosso che se non fossero intervenuti i consiglieri in quota Lega Igor De Biasio e Forza Italia Simona Agnes a votare insieme all'ad e alla presidente Marinella Soldi, il budget sarebbe stato respinto. Una scelta che lascia sbalorditi - soprattutto quella della Bria, nominata dal Pd - visto che Fuortes è espressione diretta degli ambienti di sinistra. E che lascia strascichi nella televisione pubblica, ma che rimbalza anche nei palazzi politici. Nel clima incandescente per l'elezione del Presidente della Repubblica, non passa inosservato uno schiaffo così forte all'uomo scelto direttamente da Draghi per guidare la più grande industria culturale del Paese. E al presidente del Consiglio in questo momento tutto serve tranne che avere un fronte aperto in Rai.
È per primo il segretario della commissione Vigilanza Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva, a far notare la questione: «Si tratta di una vera e propria sfiducia al vertice aziendale scelto da Draghi. È un attacco al premier? Qualcuno da Pd e M5s spiegherà? Votare contro il budget è un atto aziendale grave, che non può essere motivato dalla semplice contrarietà allo stop dell'edizione notturna della Tgr». Ad Anzaldi si aggiunge Antonio Saccone, portavoce nazionale Udc: «I grandi elettori dell'ad bocciano il suo bilancio, sembra una barzelletta. Siamo di fronte all'ennesimo scontro interno al Pd, alla solita guerriglia tra correnti?». Si accoda anche Mollicone di Fratelli d'Italia.
Sulla decisione del voto contrario (arrivato anche da Riccardo Laganà, rappresentante dei dipendenti, quindi 3 contrari su 7) certamente pesano anche questioni interne. L'ad, dopo aver lasciato le nomine nei telegiornali in mano alla politica, ha tirato fuori il piglio deciso che ha mostrato in tanti anni di gestione dell'Opera di Roma sui tagli agli sprechi e sulle scelte delle vice direzioni, mettendosi contro l'area giallorossa. Pare, per esempio, che il centrosinistra non abbia gradito la riconferma di Roberto Pacchetti (vicino al centrodestra) come condirettore della testata dei tg regionali visto che il direttore Casarin è già in quota Lega. E poi c'è l'incandescente questione della soppressione dell'edizione notturna dei tg regionali: un fatto di poco conto dal punto di vista economico (un risparmio di pochi milioni) che però ha scatenato un putiferio. L'ad ha deciso il taglio, le redazioni locali hanno reagito infuriate indicendo uno sciopero generale, il sindacato interno ha fatto causa all'azienda per comportamento antisindacale e infine Fuortes ha deciso di non trasmettere un video comunicato sulle ragioni della protesta scatenando l'ira della Federazione nazionale della Stampa.
Comunque sia, il budget è passato con i voti del centrodestra.
A fronte di un deficit di bilancio di 57 milioni del 2021, il 2022 prefigura un risultato in pareggio nonostante i forti costi per i Mondiali di calcio in Qatar e le Olimpiadi invernali a Pechino. Un pareggio operato grazie ai tagli e alla razionalizzazione dei costi.
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