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Il pizzino del "pm" Renzi sui 49 milioni del Carroccio

L'ex premier Pd: "Soldi usati per diffondere bufale, ora mi quereli". Ma Salvini glissa: non lo denuncio

Il pizzino del "pm" Renzi sui 49 milioni del Carroccio

L'accusa è precisa: «Affermo pubblicamente che Salvini ha usato parte dei 49 milioni di euro (i fondi spariti al centro di varie inchieste per riciclaggio e finanziamento illecito, ndr) per creare La Bestia, lo strumento di disinformazione della Lega». La sfida è chiara: «Sono curioso di capire se sarò querelato».

Matteo Renzi torna in pista, con una lunga intervista su Repubblica, e sembra annusare nell'aria capitolina guai grossi in vista per il capo del Carroccio. Un po' come, nell'ormai lontano 2009, Massimo D'Alema «fiutò» l'aria delle procure attorno al governo Berlusconi e avvertì che, di lì a poco, sarebbero arrivate «scosse» e che l'opposizione doveva essere «pronta» ad affrontarle.

Ora l'ex premier Pd affonda il colpo sui 49 milioni, dei cui oscuri passaggi di mano e destinazione si stanno occupando diverse procure, e aspetta la risposta. Che arriva, esattamente nei termini che Renzi aveva previsto: «Non querelo quasi mai nessuno - spiega il vicepremier leghista- Se avessi dovuto querelare Renzi tutte le volte che mi ha insultato... Tanto lo stanno giudicando gli italiani».

Insomma, Salvini preferisce lasciar cadere l'accusa di aver usato quei fondi (su cui i tribunali hanno calato la mannaia del sequestro) per alimentare la sua macchina della propaganda denominata, in modo poco rassicurante, «La Bestia».

Ma Renzi non molla l'osso, evidentemente convinto che «il tempo è galantuomo» e quei nodi, per il capo leghista e per i partiti che guadagnano voti diffondendo «fake news» facendo «pagare il contribuente», arriveranno al pettine: «Nei prossimi mesi ci saranno novità», assicura, e «Salvini ha una paura matta della verità». Poi avverte: «Salvini non è un pericolo per la democrazia. Dirlo lo trasforma in martire e ci porta a giocare la partita che lui vuole giocare. Salvini è qualcosa di diverso, forse persino di peggio: un seminatore di odio, un predicatore di intolleranza. Il pericolo per la democrazia casomai deriva dall'utilizzo spregiudicato di fake news sui social». Ed è di questa operazione di diffusione di contenuti destinati a provocare «paura e intolleranza» che l'ex leader del Pd accusa la macchina comunicativa del capo del Carroccio.

Macchina costosa, la «Bestia», che serve a produrre e propagare i continui messaggi social del Capitano, calibrati nei toni e nei destinatari dall'ampio staff guidato da Luca Morisi: martellamento costante di autopromozione, che ora è quasi interamente a libro paga del Viminale: il «Sistema Intranet» che gestisce le pagine social di Salvini, è curato da Morisi e Andrea Paganella, oggi stipendiati rispettivamente come consigliere strategico e capo della segreteria. Sotto di loro lavorano i quattro membri del «team social» salviniano (tra cui il figlio di Marcello Foa), tutti assunti al ministero. Il costo totale, per le casse pubbliche, è di 314mila euro l'anno, senza contare i 90mila del capo ufficio stampa Pandini: la «Bestia», ha calcolato l'Espresso, ci costa circa mille euro al giorno. Ma è sulla fase precedente all'arrivo al governo di Lega e Cinque Stelle che si concentra l'attenzione di Renzi, che da tempo chiede una commissione parlamentare d'inchiesta «sulle fake news», sui legami tra «La Bestia» di Salvini e le aziende pubbliche, per capire se parte dei 49 milioni sottratti dalla Lega sono finiti a Morisi e se la Casaleggio Associati prende soldi da soggetti pubblici». In Parlamento è stata anche depositata, nel novembre 2018, una interrogazione Pd che poneva le stesse questioni al ministro dell'Interno. Interrogazione rimasta senza risposta. Ora però attorno Salvini sembra crescere l'assedio: il caso Siri, l'inchiesta lombarda che lambisce Giorgetti, la procura di Genova che dà la caccia ai 49 milioni.

E Renzi si dice certo che qualche «novità» sia in arrivo.

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