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Pnrr, Palazzo Chigi non vuole alzare i toni. "Revisione a giugno". Nodo Mes sullo sfondo

Fitto: "Raccomandazioni in linea con le nostre priorità, per la terza rata adempimenti già ok". I dubbi del governo sulla rigidità di Bruxelles. E oggi a Bologna Meloni vedrà von der Leyen

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È vero che anche negli anni passati le raccomandazioni economiche della Commissione Ue non sono mai state troppo tenere nei confronti dell'Italia. Ma a Palazzo Chigi non si attendevano comunque toni tanto tranchant. Il report di Bruxelles, infatti, punta il dito su alcuni dei cavalli di battaglia del governo guidato da Giorgia Meloni. Dall'autonomia differenziata alla flat tax, passando per catasto e balneari. Con sullo sfondo il Pnrr, incagliato sulla terza rata di finanziamento (19 miliardi) che l'Ue continua a non erogare. Peraltro, con la scadenza della quarta che è prevista già per giugno (la quinta, invece, a dicembre). Così, se Paolo Gentiloni ci tiene a sottolineare che «la collaborazione con Roma è importante» e «finora non ci sono significativi ritardi», il commissario Ue all'Economia precisa anche che «se si vuole mantenere il ritmo delle erogazioni fin qui stabilite» il governo italiano deve presentare «il prima possibile» le sue «più che legittime richieste di modifica» del Piano.

Il monito di Palazzo Berlaymont non passa inosservato. E per tutta la giornata si valuta se e come rispondere. Alla fine, molte ore dopo l'illustrazione del report, la replica viene affidata da Palazzo Chigi al ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto. Che, nonostante un malcelato fastidio del governo italiano, sceglie la strategia dei guanti di velluto. Le raccomandazioni della Commissione Ue sul Pnrr, spiega, «sono in linea con la visione e le priorità» dell'esecutivo Meloni e del lavoro che «si sta portando avanti». E «sulla modifica del Piano relativamente al capitolo RePowerEU», si conferma «l'avanzamento dell'interlocuzione positiva con la Commissione».

Insomma, acqua sul fuoco. Per due ragioni. La prima, più generale, è che sarebbe controproducente aprire fronti con Bruxelles proprio mentre è in corso l'interlocuzione sulla terza rata. Che dovrebbe arrivare a breve, magari non nella sua interezza. Un'ipotesi concreta, infatti, è che la Commissione possa erogare una somma inferiore al 19 miliardi previsti, riservandosi di farlo in seguito per quegli obiettivi su cui permangono dubbi (in particolare sul fronte dell'edilizia sociale). Un esborso «a tappe», peraltro, è già accaduto con la Lituania. Ma, forse, a spingere Palazzo Chigi sulla via della massima prudenza c'è anche il fatto nel primo pomeriggio di oggi Meloni e Ursula von der Leyen si vedranno a Bologna per sorvolare insieme in elicottero le zone alluvionate. Magari l'occasione anche per un confronto sul dossier Pnrr. Oltre che sul Mes, che resta il convitato di pietra delle nostre interlocuzioni con Bruxelles. Non è un mistero, infatti, che a Palazzo Berlaymont ci sia una profonda irritazione per la scelta dell'Italia di temporeggiare sulla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, a cui il Parlamento italiano ha dato il via libera nel 2012. Siamo, infatti, l'unico Paese dei venti della zona euro a mancare all'appello e questo rende il Fondo salva-Stati inutilizzabile per tutti.

Un braccio di ferro che inevitabilmente condiziona anche la trattativa sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per il quale, nelle sue conversazioni private, Meloni continua a lamentare una rigidità della Commissione Ue che non c'era con i precedenti governi. Che il tempo stringa, però, è fuor di dubbio. Tanto che Fitto, durante il question time alla Camera, spiega che «sono già stati adottati tutti i necessari atti e provvedimenti anche di tipo normativo» per il pagamento della terza rata. Il ministro, inoltre, ha chiesto ai suoi colleghi di «formalizzare le ipotesi di revisione delle misure di propria competenza» del Pnrr proprio entro ieri (una data «puramente indicativa»).

Così poter presentare a Bruxelles la proposta italiana di rimodulazione del Piano entro giugno.

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