"Pochi, ma potenti e irrazionali". Il pericolo dei seguaci del Reich

Nell'operazione trovate armi, riflettori sui militari. I Reuss sul cugino golpista: "Macchia sulla famiglia"

"Pochi, ma potenti e irrazionali". Il pericolo dei seguaci del Reich

Berlino. La Germania ha digerito l'arresto, mercoledì, di una cellula di terroristi reazionari senza troppe emozioni. Complice forse il temperamento più flemmatico dei tedeschi o la scarsa credibilità del gruppo di Reichsbürger, i nostalgici del Reich guglielmino, guidati da un aristocratico 71enne con la giacca di tweed, il paese non si è spaventato troppo. Più preoccupanti, forse, sono state le sirene e gli squilli assordanti di milioni di cellulari giovedì mattina. Nessun allarme però: si è trattato solo di un test del sistema di allerta che la Protezione civile (Bbk) intende utilizzare nei casi di alluvione, incendio o altri eventi catastrofici. Al netto delle sirene e dell'abbaiare dei cani, calma e gesso come sempre. Ma con i Reichsbürger non si scherza, ha invece insistito il numero uno della polizia criminale (Bundeskriminalamt), Holger Münch, osservando che è difficile immaginare una trentina di individui davvero capaci di mandare in frantumi lo stato tedesco. Ma è parimenti vero «che siamo di fronte a un pericoloso miscuglio di persone con convinzioni irrazionali, alcune con molto denaro e altre in possesso di armi, e con un piano che vogliono portare a termine. Questo ha reso la situazione pericolosa ha sottolineato il capo del Bka ed è per questo che siamo intervenuti con un chiaro segnale di stop». Münch ha informato la stampa che il numero dei sospettati è salito a 54, ma altri ancora sono stati identificati. La polizia, ha aggiunto Münch, ha perquisito 150 obiettivi rinvenendo armi in 50 di questi.

Fra le reazioni dei politici si segnala quella del premier del Nord Reno-Vestfalia, Hendrik Wüst (Cdu). Parlando con Dlf, Wüst ha definito «molto inquietante» la circostanza che persone che hanno ricevuto un addestramento militare e abbiano accesso alle armi siano sospettate di far parte della cellula eversiva. Münch gli ha risposto a mezzo stampa riconoscendo la necessità di effettuare maggiori controlli sul retroterra dei membri delle forze di sicurezza. «In tempi come questi, in cui le forze di sicurezza sono in prima fila, dobbiamo poter contare sul fatto che tutti sostengano l'ordine democratico», ha spiegato Münch.

Centrale resta la figura del principe Enrico XII dell'antico casato dei Reuss. Il nobiluomo discendente dalla famiglia che ha regnato sulla Turingia fino al 1815 sarebbe diventato il nuovo leader della Germania dopo la destituzione di Olaf Scholz e forse avrebbe governato anche con il consiglio della Russia grazie alla mediazione della sua compagna, russa, Vitalia B. Le indagini hanno svelato che Enrico metteva a disposizione dei cospiratori il suo villino di caccia.

«Eravamo noti per essere una famiglia tollerante, ora siamo tacciati di essere reazionari, questa è una macchia per tutti noi». Con queste parole pronunciate al canale televisivo Mdr, il capo di casa Reuss, Enrico XIV, ha preso le distanze dal lontano cugino golpista. «Secondo la legge non siamo neppure parenti: il nostro comune antenato era Enrico LXIII, nato nel 1786». Il lettore si tenga forte: una regola non scritta di casa Reuss vuole che tutti i figli maschi siano chiamati Enrico. La numerazione va avanti per alcuni rami mentre altri ricominciano da I appena raggiunto un traguardo numerico predeterminato. Dal numero 13 di questa generazione, il numero 14 aveva già preso le distanze nel 2020 con una lettera rivolta al premier della Turingia dopo che il parente non ancora golpista aveva pronunciato un discorso antisemita nel 2019. A un meeting di businessmen a Zurigo il principe aveva accusato la famiglia Rotschild di aver fatto truffato i suoi avi Enrico XXVII ed Enrico XLV, le cui proprietà furono peraltro sequestrate dai sovietici.

«Io non ho più alcun rapporto con lui» ha insistito Enrico XIV in tivù, «l'ultima volta l'ho visto al funerale di sua madre, ma non gli ho rivolto la parola». «E nessun altro in famiglia ha rapporti con lui?» chiede l'anchorman. «Macché: Enrico XIII è già uscito da tempo dall'associazione di famiglia. Siamo 60 persone e in 30 ci chiamiamo Enrico».

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