Magistratura

La politica ancora in balìa delle toghe

Le assoluzioni ribaltate in Cassazione e la riforma rimasta a metà

La politica ancora in balìa delle toghe

Se l'allora ministra Marta Cartabia non si fosse fermata di fronte all'insurrezione dell'ala dura delle toghe e della sezione giustizialista della stampa, tutto questo non sarebbe stato possibile. La giubilazione per via giudiziaria della sottosegretaria Augusta Montaruli, costretta alle dimissioni dopo la condanna definitiva nel processo per i rimborsi spese dei consiglieri regionali piemontesi, non è che infatti l'ultima puntata di un incredibile andirivieni di processi in cui per i medesimi fatti si è prima assolto, poi condannato, poi si è ribaltato tutto di nuovo, in un balletto di tecnicismi giuridici dove la certezza del diritto è svanita nel nulla. La riforma Cartabia, nella sua stesura originaria, prevedeva un cambiamento semplice: le sentenza di assoluzione non si possono annullare, perchè certificano una volta per tutte che l'imputato non è colpevole «oltre ogni ragionevole dubbio». Ma la ministra si arrese ai manettari. Così l'altro giorno può accadere che la Cassazione renda definitive le condanne della Montaruli, di Roberto Cota, di Paolo Tiramani. Sette anni fa Cota e Tiramani erano stati assolti con formula piena, la Montaruli si era vista derubricare il reato a finanziamento illecito per uno scontrino da duecento euro.

Poi la giustizia ci ha ripensato. Le sentenza si sono ribaltate in Piemonte come nel resto d'Italia, sono fioccate assoluzioni e condanne a casaccio, l'ha fatta franca gente che si faceva rimborsare la tosatura del cane e si è visto distruggere vita e carriera chi metteva a piè di lista le cene di lavoro. L'andazzo allegro degli scontrini riguardava tutte le regioni e tutti i partiti, il giudizio morale e politico doveva coinvolgere tutti i disinvolti della nota spese, invece il giudizio penale ha fatto figli e figliastri. Parlano con lingue diverse tribunali e corti d'appello, e lo stesso fa la Cassazione che di lingue dovrebbe averne una sola, e invece condanna i consiglieri piemontesi, assolve «per mancanza di dolo» quelli liguri, in Emilia fa un po' qua e un po' la, intanto annulla le assoluzioni dei marchigiani mentre conferma i proscioglimenti dei siciliani e salva definitivamente i lombardi. Questa insensata disparità di trattamento ha portato drammi umani e anche tragedie: come ricorda ieri Tiramani, «il mio pensiero va a chi, come il povero Angelo Burzi per questa disparità di trattamento si è tolto la vita». La notte di Natale del 2021 Burzi si sparò lasciando un biglietto contro i giudici d'appello che «con una sentenza che definire iniqua e politicamente violenta è molto poco» avevano ribaltato la sua assoluzione.

I tempi incredibili della giustizia fanno sì che la Montaruli si trovi travolta per scontrini di dieci anni fa, e soprattutto che i cascami di questa storia continuino a avvelenare la vita politica per chissà quanto tempo. Che il sistema dei rimborsi spese regionali avesse generato quasi ovunque abusi e degrado è sotto gli occhi di tutti, ma altrettanto evidente è che in assenza di una normativa precisa le sentenze sono rimaste in balia dell'arbitrio.

Succede, quando invece di fare il suo mestiere la politica delega il lavoro ai pubblici ministeri.

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