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"Politica estera inconcludente Renzi chiacchiera e non fa nulla"

L'ex ministro Martino è critico: "In Libia il premier chiede un mandato dell'Onu mentre taglia le spese della Difesa con la minaccia dell'Isis alle porte"

L'ex ministro Antonio Martino sulla portaerei Garibaldi
L'ex ministro Antonio Martino sulla portaerei Garibaldi

Roma - Il Papa è stato «impolitico anche se le sue intenzioni erano nobilissime». L'ex ministro della Difesa e deputato di Forza Italia, Antonio Martino, non condanna l'eccesso di prudenza del governo italiano nei confronti del genocidio armeno perché «la volontà di non irritare la Turchia è comprensibile: è un alleato prezioso e se li prendiamo a schiaffi, non ci potranno aiutare» a fronteggiare la minaccia islamica.

Onorevole Martino, il governo non è stato quantomeno un po' ondivago nell'affrontare la questione armena?

«I Paesi europei non possono permettersi di prendere posizione perché un buon rapporto con la Turchia è fondamentale nella battaglia contro il Califfato. L'esercito turco ha un milione di effettivi, un numero pari a quello della Federazione russa. Sono armati e addestrati benissimo e hanno dimostrato in più occasioni il loro valore. Perché ce li dovremmo inimicare?».

Perché sarebbe meglio far prevalere la ragion di Stato?

«Siamo dinanzi a uno squilibrio demografico di proporzioni enormi: nel mondo ci sono un miliardo di uomini fra i 15 e i 29 anni, cioè in età da combattimento. Di questi 65 milioni sono europei e 300 milioni sono musulmani dislocati sulla sponda Sud del Mediterraneo e in Medio Oriente: sono spesso disoccupati, affamati e convinti dalla propaganda islamista che le loro miserie siano causate dall'Occidente. Nel passato ci avrebbero già conquistato, nella contemporaneità, invece, dobbiamo fare i conti con il terrorismo e con l'immigrazione. Ecco perché dobbiamo cercare di mettere quanti più Paesi contro il Califfato».

Il governo Renzi, da questo punto di vista, non ha brillato per tempestività nel fronteggiare l'emergenza libica.

«Conosco il ministro Gentiloni ed è persona seria, ma la politica estera la decide il presidente del Consiglio. Renzi ha detto che ci vuole un forte mandato dell'Onu. Quindi occorre aspettare che arrivi Ban-ki-moon con l'elmetto in testa per intervenire? E nel frattempo si imbastiscono tavoli di trattative con i tagliagole?».

Atteggiamento ondivago?

«Magari. La verità è che non si è fatto niente. Sia Gentiloni che Pinotti avevano intenzione di muoversi, ma sono stati messi a tacere. Ora abbiamo alle nostre porte un problema serio e di dimensioni enormi. Renzi si è lasciato andare alle chiacchiere e ha perseguito obiettivi insignificanti come la nomina di Federica Mogherini a Lady Pesc che non ha senso perché non esiste una politica estera dell'Unione Europea. Invece, abbiamo tagliamo le spese della difesa proprio nel momento in cui siamo minacciati gravemente. Abbiamo messo l'Aeronautica nell'impossibilità di controllare lo spazio aereo. Polizia e Carabinieri non hanno i soldi per far muovere i mezzi».

Qual è l'errore principale?

«La storia del XX Secolo ci ha lasciato in eredità due lezioni. La prima è che il dialogo è possibile solo fra due interlocutori armati e disposti a battersi. Se uno è disarmato o non è disposto a battersi, ci sarà una guerra. L'altra lezione, che è molto più antica, è che è bene essere preparati per tempo. Come dicevano i romani, si vis pacem para bellum ».

Il premier è sembrato contraddittorio anche nei rapporti con la Russia.

«È un'altra di quelle potenze militari che può rivelarsi utile nel contrasto al Califfato: lo si è visto in Pakistan e in Cecenia. Sarebbe bene avere un rapporto di collaborazione fattiva per contrastare il pericolo islamista. Certo, Putin non è un democratico e può essere più o meno simpatico, ma inimicarselo è sbagliato. Persino l'America si alleò con Stalin contro Hitler».

Le stesse incertezze pervadono il modo di trattare la questione mediorientale.

«Quando ero ministro della Difesa convocai il vertice dei ministri della Nato a Taormina nel febbraio del 2006. Invitai anche i ministri della Difesa di Russia, Israele e dei Paesi arabi moderati. Volevo che comprendessero che la sicurezza del Mediterraneo è interesse di tutti. La strada della cooperazione militare tra tutti i Paesi disposti a combattere Califfato è nel nostro interesse. Tra questi c'è l'Egitto: dovremmo aiutarlo e supportarlo. I bersagli, infatti, potrebbero essere Roma e Parigi».

Anche gli Usa si muovono su questo fronte o no?

«Obama ha stretto un accordo con l'Iran che apre la porta a un pericolo aggiuntivo perché Teheran si è dotata di sistemi a lunga gittata e quando avrà la tecnologia per le bombe atomiche potrà colpire qualsiasi

capitale europea. È un Paese ostile a tutto ciò che rappresenta l'Occidente: la democrazia, la libertà di opinione e come il Califfato sono convinti che i loro problemi siano dovuti alla vita dissoluta degli Occidentali».

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