Coronavirus

La politica del picnic è sempre in ritardo

La politica del picnic è sempre in ritardo

Si chiama sindrome della terza settimana, quando i soldi sono finiti e aspetti con ansia l'arrivo dello stipendio. È una continua rincorsa, insegui i debiti, che mese dopo mese diventano sempre di più, e ti affanni a sopravvivere. Non sai come invertire la rotta e preghi che accada qualcosa di eccezionale, una somma di denaro fuori registro che ti strappi dalle sabbie mobili.
Questa è una condizione che in molti conoscono bene, in genere vale per gli individui e per le famiglie. È più raro, e straniante, se a viverla è uno Stato, eppure è quello che sta accadendo. Il governo sta facendo i conti con i soldi in cassa. Sono miliardi ma non bastano. Il secondo lockdown ha messo in ginocchio l'economia reale. L'orizzonte è un deserto. L'Italia non può stampare moneta. Si va avanti vendendo titoli, con la Bce che ci sta dando una grossa mano, debiti che pagheranno le prossime generazioni. La speranza sono i fondi del Next Generation. È da lì che passa tutto. È la somma eccezionale che ci può ridare un futuro. Questo è lo scenario lungo cui si muove il governo. Il presente è la rincorsa. Sono i decreti ristoro: il primo, il secondo e presto ci sarà anche il terzo. Ogni volta che una regione passa in zona rossa bisogna ricalibrare e aumentare gli importi. Non a caso si parla di un nuovo scostamento di bilancio superiore ai 20 miliardi. È la politica economica del picnic. Il «ristoro» che di settimana in settimana insegue il virus e cerca di strappare negozi, aziende e chi ci lavora dal fallimento. Non è una scelta. È una necessità. Si può rimproverare al governo di non aver fatto investimenti nella sanità e nei trasporti durante la tregua estiva, ma arrivati a questo punto l'unica strada è salvare gran parte del Paese dal lastrico. Quella che invece ancora si fatica a intravedere è la «ricostruzione». È scomparsa dai radar. L'ultima apparizione c'è stata con la passerella degli Stati generali. Il governo ha un piano per investire i fondi del «piano Marshall europeo»? Se c'è al momento non è molto trasparente. L'impressione è che al momento si preferisca tenerlo lontano dai riflettori del dibattito pubblico. Giuseppe Conte ha poi evocato una grande riforma del welfare e del fisco. Bene, ma anche qui come qualcosa di vago. È come se il governo avesse paura di guardare al futuro. È un grosso errore, perché questa incertezza scaccia la speranza.

Cosa c'è dopo le oasi del ristoro? È arrivato il momento di mostrare una mappa.

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