Il «modello Milano» non esiste più e anche il centrosinistra non si sente tanto bene. Si dice che Milano anticipi tutti i fenomeni nazionali, ed è chiaro che la rottamazione dell'era arancione è in corso. La novità, però, stavolta sembra rimbalzata a Palazzo Marino da Roma e Firenze, dove il «giglio magico» tesse la sua disinvolta strategia, che ha messo alla porta Sel e altri ex compagni. La legge del più forte, che Renzi vuole imporre ovunque, travolgerà quella Milano che ormai appare una ridotta del vecchio centrosinistra. E sarà la fine di una partita iniziata nel 2011. Non tanto l'esperienza da sindaco di Giuliano Pisapia, che d'altra parte ha già maturato la sua forte riluttanza. È lo schema che è finito. E anche se Pisapia tornasse in campo (ipotesi remota) non è pensabile che si replichi una proposta politica che ha messo insieme Bruno Tabacci (demitiano, poi Udc, poi altro ancora) e Anita Sonego (comunista), Paolo Limonta (uomo dei centri sociali) e Piero Bassetti (banchiere cattolico). Sì, è vero, qualcuno sta cercando un «altro Pisapia», ma il Pd non vuole correre il rischio di un perenne immobilismo. Addio arancioni, dunque. La loro stagione ha coinciso con un momento particolare, che sembra lontanissimo.
La politica secondo Matteo, dunque, sta terremotando il centrosinistra, ma anche nel centrodestra gli equilibri sono tutti in movimento. E i vari appuntamenti politici ed elettorali sono legati da una catena. Oggi il caso del giorno si chiama Veneto ma non sembra che una incompatibilità fra Lega ed Ncd possa minacciare la «pax maroniana» del Pirellone. Il governatore Roberto Maroni incarna una Lega moderata, inserita in un'alleanza di centrodestra con il suo profilo marcatamente autonomista ma dialogante. Le tensioni fra i centristi e Matteo Salvini sono in grado di produrre fibrillazioni e polemiche, ma nessuno sembra intenzionato a creare problemi seri a un mediatore come Maroni, rinunciando oltretutto a una postazione di primo piano come la Regione Lombardia. Lo snodo, comunque, resta Forza Italia. E saranno le elezioni comunali di Milano, anche qui, il vero banco di prova. È chiaro che se Matteo Salvini coltivasse l'ambizione di una corsa solitaria ed «egemone», si produrrebbe una frammentazione di cui potrebbe avvantaggiarsi il Pd. E gli effetti politici non si limiterebbero alla Cerchia dei Bastioni. Al contrario, un accordo ragionato - sulle cose da fare prima che sui nomi - consegnerebbe alla politica un centrodestra potenzialmente vincente anche nel 2018.
E gli azzurri si preparano a fare la prima mossa, il 28 marzo: «Dobbiamo ricostruire un progetto - spiega il coordinatore comunale Giulio Gallera - e dobbiamo farlo in tempo. Il Pd è consapevole della delusione diffusa e farà di tutto per mascherare le sue responsabilità politiche. Noi dobbiamo essere pronti e al lavoro con una proposta di governo per Milano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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