Coronavirus

Il "polmone d'Italia" al via: tempi cinesi e 400 posti letto

Il nuovo ospedale sarà realizzato a tappe forzate alla fiera di Milano. Corsa per reperire tutti i respiratori

Il "polmone d'Italia" al via: tempi cinesi e 400 posti letto

Tempi «cinesi» per la costruzione dell'ospedale alla Fiera di Milano, a patto che arrivino i respiratori. Le speranze di curare i malati di coronavirus - oggi lombardi e domani non solo - sono affidate a questo progetto: allestire un grande centro di rianimazione in uno dei padiglioni di «Fiera Milano city», la struttura espositiva realizzata mentre la vecchia fiera veniva smantellata e trasformata in area residenziale e commerciale.

L'impresa non è facile e presenta una serie di incognite, ovviamente. Ma la Regione Lombardia conta che si possa realizzare velocemente. Servono tanti medici, è vero, circa 400 «intensivisti» e oltre mille infermieri. Eppure il personale non è considerato uno scoglio così insormontabile. Il nodo vero dell'impresa saranno le apparecchiature per la ventilazione assistita dei pazienti, e ne servono almeno 400, tanti quanti sono i posti letto minimi previsti. Con questo compito la Regione ha chiamato Guido Bertolaso, un «top player» come lo hanno definito ieri a Palazzo Lombardia. Convocato come consulente dal governatore Attilio Fontana, l'ex capo della Protezione civile sarà retribuito simbolicamente con un euro e chiamato a mettere in campo un know-how specifico e le sue relazioni internazionali decisive.

Oggi si farà il punto, anche tecnicamente, e una volta sciolto il nodo respiratori si potrà partire con la realizzazione del progetto del «polmone d'Italia» alla fiera di Milano. Il prototipo è pronto: una sorta di «scatola» in cui allestire tutto il necessario. Sarà il modulo base dell'ospedale, replicabile «enne» volte. Il costo non dovrebbe essere esorbitante ma in ogni caso - al momento - i vertici della Regione non si pongono neanche il problema del costo. Comunque, non dovrebbero essere necessari grandi lavori strutturali, ma si dovranno assicurare ovviamente tutti gli accorgimenti tecnici in grado di garantire le condizioni adeguate per tutti gli interventi terapeutici, fra i quali la pressione e ovviamente la temperatura ambientale.

I reparti di terapia intensiva, come si sa, sono la linea del fronte fin dall'inizio dell'emergenza. In Lombardia i ricoverati Covid sono arrivati a quota 924 e i posti inizialmente disponibili erano 724. La Regione li ha portati a 1.200, con un aumento dell'80%. Ci è riuscita facendo miracoli, utilizzando anche i respiratori delle sale operatorie e delle unità coronariche, le cui macchine sono state riconvertite e usate per la gestione dei pazienti affetti da polmonite. Gli ospedali hanno usato anche i «muletti». Inoltre 90 ventilatori sono arrivati dalla Protezione civile nazionale, che dovrebbe recapitare altri 26 «pezzi» a breve, e poi cento a 7 giorni. Si parla della quota lombarda dell'appalto avviato dalla Consip (la centrale degli acquisti delle pubbliche amministrazioni italiane) e che - da annuncio ufficiale di ieri - conta in tutto 3.800 «pezzi».

La Regione confida ovviamente sul contribuito di tutti e concepisce l'operazione come un'impresa collettiva, cui anche il «mecenatismo sanitario» privato può dare una grossa mano. Ieri si è saputo che un numero significativo di apparecchi potrebbe arrivare grazie a un imprenditore italiano che ha dato la sua disponibilità. E Fontana ieri ha lanciato un vero e proprio appello. «I contagiati ha detto continuano ad aumentare. Abbiamo bisogno di aiuto, di medici, infermieri e di respiratori. Grazie all'aiuto che tutti ci potrete dare riusciremo a realizzare questo nuovo grande ospedale dedicato esclusivamente ai malati di Covid-19 e riusciremo a dare a tutti una possibilità di essere opportunamente curati. Entro una settimana, comunque, avremo 140 nuovi respiratori».

Tornando alla solidarità, va segnalato che ieri molti milanesi sono accorsi a donare sangue rispondendo all'allarme lanciato nei giorni scorsi dal Centro nazionale sangue che aveva fatto sapere che dallo scoppio dell'emergenza coronavirus le donazioni erano calate del 10%.

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