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Polonia, i migranti sfondano. In Ue torna l'ipotesi del muro

Bruxelles prepara sanzioni contro le compagnie aeree che spostano i disperati. Putin invia i caccia nucleari

Polonia, i migranti sfondano. In Ue torna l'ipotesi del muro

A trentandue anni dalla caduta del Muro di Berlino, la crisi dei migranti - che dalla Bielorussia premono per entrare in Polonia - costringe l'Unione europea a interrogarsi ancora, e con urgenza, sulla costruzione e il finanziamento di un muro per difendere le proprie frontiere esterne. Il tema era già stato affrontato durante l'ultimo Consiglio europeo, dopo che 12 Paesi, tra cui la Polonia, avevano scritto una lettera a Bruxelles chiedendo di finanziare muri ai confini.

E non è un inedito, visto che diverse barriere sono già state costruite dall'Ungheria alla Grecia, dalla Bulgaria a Ceuta e Melilla, ma sempre per iniziativa dei singoli governi, mai con fondi europei. L'argomento torna ora di prepotenza, mentre è in corso una «guerra ibrida» con la Bielorussia, come la chiama Varsavia, che si dice vittima di «terrorismo di Stato» da parte di Minsk. Ora, cioè, che l'Europa si trova di fronte alla triste realtà: la recinzione di frontiera, che separa la Ue dal resto del mondo, è stata sfondata ieri in almeno due punti dai migranti a Kunica, in Polonia, al confine con la Bielorussia, dove circa 4mila mediorientali premono per scavalcare. Sono stati arrestati in 50 ma tutti sono spinti - lo ribadisce la presidente di Commissione Ue, Ursula von der Leyen - da un piano del dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko «per destabilizzare i suoi vicini democratici» in Europa.

È per questo che pesano le parole del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che da Varsavia, dove ieri ha incontrato il premier polacco Mateusz Morawiecki, in conferenza stampa ha ribadito un concetto cruciale: «È legalmente possibile, nell'ambito del quadro legale attuale, finanziare infrastrutture per la protezione dei confini dell'Ue». Ma la decisione, spiega Michel, «deve essere presa dalla Commissione. Dobbiamo chiarire cosa sia possibile e cosa no». Ma il dibattito è aperto. Dalla plenaria di Bruxelles, il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, ha spiegato la posizione dei centristi: «Nessuno vuole mettere muri e recinti, ma se non ci sono altri modi per proteggere le frontiere, investimenti devono essere possibili. Come Ppe, chiediamo che in una situazione straordinaria, anche fondi europei debbano essere disponibili per finanziare questo tipo di attività».

A cosa si pensa, dunque? Von der Leyen il mese scorso è stata chiara sulla totale contrarietà a sovvenzionare muri e filo spinato. Ma «la Commissione europea, tramite il bilancio comunitario, sostiene la gestione dei confini esterni. E le infrastrutture alle frontiere sono parte di tutto ciò», spiegano i portavoce. È quindi sotto la voce «infrastrutture alle frontiere» che potrebbero cadere le nuove barriere, come già succede con torri di controllo, tecnologie a infrarossi, droni e strumenti di monitoraggio ai confini. Ed è per parlare di tutto pensa a un vertice europeo straordinario, mentre l'Onu una riunione d'emergenza del Consiglio di Sicurezza.

Ieri la cancelliera Angela Merkel ha chiamato Vladimir Putin, accusato dalla Polonia di essere il regista della strategia, per chiedergli di fare pressione su Minsk per mettere fine a questa «strumentalizzazione disumana dei migranti». La Ue pensa a inasprire le sanzioni contro la Bielorussia e ad allargarle ai danni delle compagnie aeree che trasportano i profughi. Ma Mosca definisce «inaccettabili» le misure in cantiere e chiede che la Ue parli direttamente con Lukashenko. Nel frattempo, i soldati polacchi al confine sono diventati 15mila e due bombardieri nucleari russi hanno sorvolato la Bielorussia.

La crisi potrebbe degenerare e Mosca mostra come si potrebbe finire.

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