Roma Matteo Renzi scalpita: la promessa di un addio alla politica, in caso di sconfitta al referendum, era solo un bluff, uno spot da campagna elettorale. L'ex premier, persa la guida del governo, lavora sotto traccia per blindare la segreteria del Pd. Dal prossimo 7 gennaio, terminata la vacanza in Trentino con la famiglia, Renzi è pronto a fare il segretario del partito a tempo pieno. Un'intenzione già comunicata ai collaboratori più stretti all'indomani delle dimissioni da presidente del Consiglio.
Il controllo del Pd passa da un'intesa con le varie anime dei democratici. L'ex premier ha già in mente lo schema di accordo per salvare la poltrona da segretario. Alla presidenza del partito ha intenzione di riconfermare Matteo Orfini, in modo da assicurarsi il sostegno dei Giovani Turchi, la corrente politica guidata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando. La vera rivoluzione riguarderà la segreteria nazionale: i due vice, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani potrebbero infatti avere le ore contate. In primis, per i risultati elettorali deludenti (referendum e amministrative) ma soprattutto perché sarà Renzi, libero da impegni istituzionali, a gestire in prima persona tutto. L'idea dell'ex premier è di scegliere un solo vice, con un profilo marcatamente politico: fino ad oggi Serracchiani e Guerini sono stati semplici esecutori degli ordini dell'ex capo del governo. Sulla nomina del vicesegretario l'ex sindaco di Firenze si gioca una fetta importante per riconfermare la propria leadership. Renzi avrebbe già in testa un nome: Maurizio Martina. La scelta del ministro dell'Agricoltura a numero due del Pd gli consentirebbe di coprirsi sull'ala sinistra del partito dagli attacchi di Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani, garantendosi, così, l'appoggio della corrente di Sinistra è Cambiamento, l'area politica fondata dall'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano in cui militano Enzo Amendola, sottosegretario agli Esteri, Paola de Micheli, sottosegretario all'Economia e Annamaria Carloni, deputato e moglie di Antonio Bassolino, i cui voti a Napoli potrebbero far comodo a Renzi in una futura sfida congressuale. La Serracchiani tornerà a fare a tempo pieno il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, per Guerini invece Renzi ipotizza un incarico di sottosegretario nel governo di Paolo Gentiloni. Il puzzle del segretario Pd per garantirsi il controllo assoluto del partito prevede l'incastro di un'ultima casella: il via libera dell'area dem di Dario Franceschini. Alla corrente che fa capo al ministro dei Beni Culturali il segretario del Pd avrebbe intenzione di lasciare la guida dei due gruppi parlamentari: Ettore Rosato alla Camera e Luigi Zanda in Senato, più un paio di caselle in segreteria nazionale tra cui l'ex sindaco di Torino Piero Fassino. Segreteria che Renzi avrebbe intenzione di azzerare già all'indomani dell'Epifania. Forze fresche e radicate sui territori sono i due criteri che il segretario vorrebbe seguire per rinnovare il vertice del Pd. Dalla Puglia è in arrivo il sindaco di Bari Antonio Decaro: una mossa per contrastare il governatore Michele Emiliano, potenziale sfidante di Renzi al congresso.
Dalla Calabria è pronto a varcare l'ingresso del Nazareno il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà mentre dalla Campania in pole ci sarebbe Ciro Buonajuto, vicinissimo all'ex ministro Maria Elena Boschi ma su cui c'è il veto dei vertici campani. Un percorso a ostacoli che consentirebbe, però, a Renzi di affrontare un congresso farsa senza correre il rischio di perdere la guida del Pd.
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