Milano - Condanna a un anno e sei mesi per l'ex presidente della Banca Popolare di Milano (ora Banco Bpm) Massimo Ponzellini. Il verdetto è stato emesso ieri dalla Prima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta dal giudice Guido Salvini. La condanna riguarda un solo episodio di corruzione privata. Per quanto riguarda gli altri episodi contestati, l'ex banchiere è stato assolto o è stata dichiarata la prescrizione dei reati. Cade invece, «perché il fatto non sussiste», l'accusa più grave di associazione per delinquere. La Procura aveva chiesto sei anni di reclusione.
Secondo i giudici, in sostanza, all'interno di Bpm non esisteva alcuna «struttura deviata e parallela verso interessi privati e personali» come sostenuto invece dai pm. Il processo era iniziato nel giugno 2015, al centro una serie di presunti finanziamenti sospetti concessi tra il tra il 2009 e il 2011 a imprenditori e politici. Per i giudici, tranne in un caso tutti i finanziamenti sono stati erogati in modo regolare e sono frutto, al massimo, di malcostume o di un'attività di lobbying. Tra i finanziamenti considerati regolari anche quello da 2,8 milioni di euro a favore della società Visibilia riconducibile a Daniela Santanchè. «Ho sempre avuto fiducia nella giustizia - ha commentato Ponzellini - e sono contento di averla avuta. Ora faccio il nonno, quello che è deciso è deciso». Il banchiere era finito ai domiciliari il 29 maggio 2012. Un mandato di arresto era stato spiccato anche per il titolare della società di gioco d'azzardo Atlantis Plus Francesco Corallo. La posizione di Corallo, arrestato successivamente nell'ambito dell'inchiesta romana che coinvolge anche Gianfranco Fini e Giancarlo Tulliani, era stata poi stralciata. Oltre a Ponzellini l'unico altro imputato condannato a nove mesi, per lo stesso episodio contestato all'ex presidente Bpm, è Camillo Colella. Prosciolti gli altri undici imputati. Il reato di corruzione privata si potrebbe già prescrivere durante l'Appello ed è comunque difficile che, se confermato in secondo grado, possa reggere fino alla Cassazione. In relazione a questo episodio, i giudici hanno ritenuto che Colella abbia corrotto Ponzellini con 700mila euro attraverso la sua società Farmer. E che abbia sostenuto i costi, con un'interposizione fittizia, della società lussemburghese Mavy, proprietaria dell'imbarcazione «Santa Maria a Mare» a sua volta dell'allora banchiere.
In cambio Ponzellini e «gli organi di Bpm» lo avrebbero favorito in diverse operazioni bancarie tra cui l'acquisto di quote del fondo Goethe per un valore complessivo di 15 milioni di euro e il finanziamento della società Italiana Beverage. Nel capo d'imputazione si precisa che quest'ultimo finanziamento, «è stato poi rigettato».
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