Il pranzo al ristorante, la pioggia e le multe. Scoppia la protesta: "Vogliamo regole certe"

Locale sanzionato perché per il maltempo aveva spostato al chiuso 22 clienti

Il pranzo al ristorante, la pioggia e le multe. Scoppia la protesta: "Vogliamo regole certe"

Immaginate di stare seduti a un tavolino fuori all'aperto di un locale. All'improvviso comincia a piovere ma la vostra pietanza è appena arrivata, il vostro caffè è appena stato servito e se ne sta lì bello fumante invitante, ma tac cade la prima goccia. Giusta lì dentro alla tazzina, o dentro al piatto, e poi un'altra goccia e un'altra e un'altra ancora. E la goccia diventa pioggia e la pioggia diventa acquazzone. Tipico d'estate. Soprattutto al Nord.

E allora che si fa? Ci si alza. Si torna a casa. E il caffè? E la pietanza? Rimane lì, l'hai già pagata? Devi ancora pagarla? Chi la mangia? La buttano via? Convivenza civile e solidarietà vorrebbero che a qualcuno fuori sotto la pioggia si offra un riparo, un ristoro. Se ci fossero stati dei migranti per esempio. Non tutti i ristoranti hanno la veranda. E allora si fa entrare la gente all'interno, distanziati, con la mascherina. Ma non basta. Non è bastato.

È accaduto a Verona. Un ristoratore ha cercato di tamponare l'improvviso acquazzone, ma ha pagato caro il suo altruismo con una multa di 400 euro e la chiusura del locale per cinque giorni. La trattoria è La Molinara che ha fatto entrare 22 clienti. Ventidue. Allora sul caso si è sollevata l'Appe (Associazione provinciale pubblici esercizi), che ha detto, sì ok ci multate ma in questo caso che facciamo, come ci si deve comportare, che dobbiamo fare. Insomma non bastavano le incertezze del virus e della pandemia e tutti i rischi annessi e connessi, a comporre il rebus ci si è messo pure il tempo, la meteorologia.

L'Appe si è rivolta al prefetto di Padova: «Come ci dobbiamo comportare in caso di sopravvenute condizioni che non consentano la prosecuzione del servizio?«. Un temporale, un forte vento, una grandinata, una di quelle toste, accadono spesso in Veneto d'estate con bombe di ghiaccio che scendono dal cielo grandi quanto arance.

Questi fenomeni atmosferici rientrerebbero in quelle «cause di forza maggiore» che non sarebbero punibili, e che consentirebbero di poter continuare la consumazione all'interno del locale? Insomma il caso di Verona è destinato a fare scuola.

Il prefetto ha risposto che si valuterà caso per caso. Ok, ma come? In che modo? Se ci sono dei bambini e degli anziani? Viene tutto lasciato in balia degli eventi? Chi controlla?

Se alle sette piomba l'acquazzone e alle cinque c'era il solleone, che fine fa quel pasto magari pronto? Io gestore, io titolare, lo faccio pagare, lo metto via in un contenitore da asporto? Come ci si regola?

«Se ci sono persone che sono entrate per ripararsi dalla pioggia - dice al Giornale il consigliere comunale di Verona, Alberto Zelger - non si

può nemmeno fare una colpa al titolare. Ha cominciato a piovere a dirotto e la gente è entrata. Questi poveri ristoratori ma che devono fare?».

Già, che devono fare? Ballare sotto la pioggia, aspettando che passi l'acqua.

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