I nazionalisti di ritorno sono soliti accusare la Germania di ogni inciampo dell'Europa. Talvolta esagerano con i pregiudizi, e non sarebbe neanche male ricordare che stiamo parlando di un Paese che su affidabilità e impegno nel lavoro ha qualcosa da insegnarci. Su molti argomenti tuttavia è difficile dar loro torto. E se oggi, a 25 anni dalla firma del trattato di Maastricht, l'ideale europeista tocca i suoi livelli più bassi di popolarità, è spesso colpa delle scelte della «locomotiva tedesca», affetta da uno storico «complesso di superiorità» che non di rado sconfina nell'arroganza. Atteggiamenti che troppo spesso hanno spinto la Germania a gestire l'Unione come il cortile di casa propria.
Gli esempi, soprattutto in economia, non mancano. Possiamo partire dalla politica monetaria europea, così spesso criticata da Berlino per le scelte di Mario Draghi «l'italiano», ma di fatto favorevole agli interessi della Germania, che si avvantaggia dei bassi tassi d'interesse risparmiando cifre ingenti grazie al divario tra cedole previste e pagamenti reali. D'altra parte, come lo stesso presidente della Bce ricorda, i tassi bassi sono la conseguenza di enormi masse di denaro accumulato e non reinvestito, effetto del fortissimo surplus commerciale tedesco. E qui veniamo a un altro punto delicato. Il surplus tedesco è generato da un record mondiale delle esportazioni, equivalente all'incirca al 9% del prodotto interno lordo della Germania. Ora, è indiscutibile che un simile risultato discenda dalla qualità della produzione di beni tedeschi, ma in Europa esistono delle regole, che non sono solo quelle che garbano a Berlino: una, «firmata» dalla Commissione Europea, «raccomanda» un limite del 6% nella differenza trai volumi dell'export e dell'import: e non risulta che Berlino abbia mai subito una procedura d'infrazione per i suoi ripetuti sforamenti di questo parametro, che oltretutto generano forti sbilanci in ambito Ue.
Con il diabolico combinato disposto dei tassi bassi e del surplus commerciale record la Germania incamera ogni anno 300 miliardi di euro e «regala» a quasi tutti gli altri Paesi Ue (spicca l'eccezione dell'Olanda, che sotto questo profilo è una «piccola Germania») la deflazione, causa di
crescita bassa (più o meno: in Italia ahinoi di più) e disoccupazione. Questi i fatti e i numeri, e per ragioni di spazio resta fuori molto altro. Sarebbe ora che la signora Merkel predicasse un po' meno e razzolasse meglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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