Coronavirus

Pregare ai tempi del contagio La messa finisce in streaming

I vescovi lombardi: «Seguite le funzioni stando a casa» Moschee vuote e riti limitati anche nelle sinagoghe

Pregare ai tempi del contagio La messa finisce in streaming

Milano «Sine dominico non possumus». Si torna, almeno, a pregare. Per ora, in diretta televisiva, in streaming, via radio. E quindi nelle case, negli ospedali, ovunque ci sia bisogno di speranza e consolazione.

«Senza celebrare il giorno del Signore non possiamo vivere» dissero nel 304, durante le persecuzioni di Diocleziano, i 49 cristiani di Abitene sorpresi a pregare, contravvenendo al divieto. «Senza celebrare il giorno del Signore non possiamo vivere». Furono giustiziati, oggi sono celebrati come santi e martiri.

«Sine dominico non possumus» dicono oggi i vescovi lombardi, disponendo che domani, prima domenica di Quaresima, le messe siano celebrate e seguite «a distanza» dai fedeli. «Oggi - si legge - non è la persecuzione che proibisce l'eucarestia, ma la sollecitudine per la salute di tutti gli abitanti della regione quella che invita tutti noi ad astenerci dalle assemblee eucaristiche». Perseguitati, i primi cristiani celebravano messa nelle case al tempo delle catacombe. Celebravano messa in trincea i cappellani militari durante le grandi guerre. E non rinunciano alla preghiera i cristiani perseguitati oggi nel mondo. Anche per questo qualcuno - soprattutto in ambienti tradizionalisti - ha giudicato grave la decisione di sospendere le funzioni, sette giorni fa, quando la notizia del primo focolaio aveva indotto a una serie di provvedimenti a cascata, culminati con lo stop alle celebrazioni di popolo. In Lombardia, a Novara, Biella, Vercelli. Il giorno prima, il 22 febbraio, il vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio aveva deciso di vietare tra l'altro lo scambio di pace. E a Bologna il vescovo ha disposto che sia tolta l'acqua dalle acquasantiere. Nelle ordinanze lombarde e venete si prevedeva fra l'altro che anche funerali e matrimoni fossero limitati ai parenti stretti. «Le messe sono l'ultima cosa da proibire» aveva protestato, qualcuno, facendo notare che in questo momento, le funzioni domenicali non sono fra gli eventi più partecipati. Ha colpito molti, fino a diventare il gesto-simbolo dell'emergenza - tanto da evocare la peste di manzoniana memoria - la chiusura del Duomo. La cattedrale di Milano è anche luogo di grande richiamo turistico, e nell'urgenza di evitare assembramenti era stato subito fermato l'afflusso dei visitatori, lasciando aperta l'area riservata alla preghiera, ma senza messe.

La stressa Ucoii ha fermato le preghiere in moschea, anche il venerdì. E d'altra parte l'Arabia Saudita ha sospeso gli ingressi per i pellegrini alla Mecca o alla moschea del Profeta a Medina. E nella «difficile contingenza per la diffusione del morbo», l'assemblea rabbinica d'Italia, citando una cerimonia di Gerusalemme, ha invitato alle preghiere, «pubblicamente nelle sinagoghe, ove questo sia possibile, privatamente, in sintonia e in tempi concordati, o in forma individuale». E oggi al tempio di via Gaustalla e negli altri, riti rinviati o limitati e più brevi. E circoncisioni ristrette ai familiari.

E si prega in zona rossa: «La Quaresima per noi si chiama quarantena» ha scritto il parroco di Codogno Iginio Passerini sull'Osservatore romano

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