È il made in Italy del welfare. Piccolo. Artigianale. Fuori dagli schemi. Arriva dove non arriva la legge, rimedia con l'inventiva e la prontezza alle lacune del sistema, un po' come un supereroe che sbianchetta con il suo ardimento le prepotenze e le ingiustizie. È una rondine che non fa primavera ma del bene a qualcuno, che è sempre meglio di niente.
Uno di questi piccoli supereroi del benessere aziendale è Luigi Sposato, presidente della Eurointerim di Padova, una società che colloca lavoratori interinali nelle imprese. Il signore, 57 anni e un cognome che lo costringe a esser sensibili alle politiche familiari, ha deciso che nella sua azienda i dipendenti e i collaboratori interinali collocati per almeno un mese che avranno un figlio si vedranno riconoscere una mensilità in più. Il fondo stanziato è di 50mila euro e quindi dovrebbe coprire numerosi fiocchi rosa o azzurri.
Un incentivo alla natalità che arriva da chi di solito le maternità le scoraggia e le detesta. «Tutto è nato da un episodio semplice - racconta Sposato - capitato con la mia segretaria: aveva da poco avuto un figlio quando mi ha annunciato di essere di nuovo incinta. Ma nelle sue parole ho colto un tono di preoccupazione, come se stesse vivendo la nuova gravidanza come un disagio, un intralcio per la sua vita professionale. E mi sono chiesto perché un evento lieto debba essere percepito in questo modo. Ho capito che il problema è più generale ed è nata l'idea di offrire un incentivo a chiunque decida di fare figli». In questo modo l'azienda fa non solo gli interessi del dipendente ma anche i propri visto che, secondo Soprano, «se il lavoratore sente di essere aiutato migliora anche la qualità del suo lavoro».
Che il welfare aiuti la produttività non è certo una novità. Ne sono convinti, secondo uno studio internazionale condotto dall'istituto Tailor Nelson Sofres, nove imprenditori su dieci. Ma quando dalle parole si passa ai fatti il discorso cambia e pochi sono davvero disposti a investire in questa leva che produce benefici solo a lungo termine. Lo fanno le grandi società che hanno le spalle più larghe e anche maggiore attenzione alla reputazione pubblica. Ikea Italia è da sempre in prima linea: garantisce un congedo di sei mesi per le lavoratrici e per i lavoratori vittime di violenza e di atti persecutori, organizza corsi di autodifesa, consente la scelta di orari più flessibili e assicura il congedo matrimoniale anche alle coppie di fatto. E la Ferrero di Alba addolcisce non solo le nostre colazioni ma anche la vita dei suoi dipendenti, riempiti di coccole. Non è un caso che sia considerata la migliore azienda in cui lavorare.
Spesso però sono i dipendenti che si organizzano. I giornali hanno raccontato pochi giorni fa quanto accaduto alla Mattel Group di Vimodrone, dove 110 dipendenti hanno donato otto ore di ferie l'uno per un totale di 880 ore al collega Emilio Lentini, ammalato di leucemia mieloide acuta, che aveva finito i giorni retribuiti di malattia e per proseguire le cure avrebbe dovuto rinunciare allo stipendio. «Stavo già preparando le pratiche per l'aspettativa quando mi è arrivata questa bellissima notizia. I colleghi mi hanno davvero commosso», ha detto l'uomo.
Un caso simile qualche settimana fa ad Airasca dove, grazie a un accordo sindacale sottoscritto con l'azienda, molti dipendenti della Skf hanno potuto donare a una collega che deve restare vicino al marito gravemente ammalato parte delle ore monetizzabile e dei permessi retribuiti accantonati in conto-ore.
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