Draghi sfida Putin: "Sì a Kiev nell'Ue e all'invio di armi". L'ipotesi di mandare altri 250 militari

Il premier durissimo verso la "ferocia" di Mosca e i "massacri" perpetrati da Vlad. L'elogio alla "resistenza ucraina" e la volontà di continuare l'accoglienza dei rifugiati. Sul tavolo la possibilità di un nuovo contingente oltre a quello in Ungheria

Draghi sfida Putin: "Sì a Kiev nell'Ue e all'invio di armi". L'ipotesi di mandare altri 250 militari

Non è la prima volta che Zelensky interviene in videoconferenza davanti a un Parlamento straniero. Nei giorni scorsi è già successo con Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Israele, Canada e anche con il Parlamento europeo. Eppure, nel discorso di ieri in collegamento con Montecitorio - riunito per l'occasione in seduta comune, presenti sia deputati che senatori - il presidente ucraino e Draghi sembrano per certi versi invertire il paradigma delle ultime settimane.

Zelensky sceglie infatti un tono più dialogante, questa volta senza puntare il dito contro le eventuali mancanze dell'Occidente. Si limita a chiedere nuove sanzioni - soprattutto sul gas - ma lascia volutamente in disparte sia la questione delle armi che l'ancora più delicato tema della no fly zone. Durissimo è invece il discorso di Draghi, che prende la parola appena finito l'intervento del presidente ucraino. «Una straordinaria testimonianza», la definisce l'ex numero della Bce ringraziando Zelensky e lodandone «coraggio, determinazione e patriottismo». Un Draghi che non esita ad affondare i colpi contro «l'arroganza del governo russo» che «si è scontrata con la dignità del popolo ucraino che sta resistendo in maniera «eroica» alla «ferocia di Putin».

Ma i passaggi più significativi in termini politici sono la decisa apertura del premier italiano all'ingresso di Kiev in Europa e la disponibilità a continuare a fornire «aiuti militari» all'Ucraina. Sul primo fronte, Draghi dice di voler «disegnare un percorso di maggiore vicinanza dell'Ucraina all'Ue». «Nelle scorse settimane - aggiunge - è stato sottolineato come il processo d'ingresso nell'Unione europea sia lungo e fatto di riforme necessarie a garantire un'integrazione funzionante». Quindi, «voglio dire al presidente Zelensky che l'Italia è al fianco dell'Ucraina in questo processo». E ancora: «L'Italia vuole l'Ucraina nell'Unione europea». Sul secondo fronte, invece, Draghi risponde all'appello di Kiev condannando «i massacri» perpetrati da Mosca e dicendo che «al crescente isolamento di Putin» bisogna «opporre l'unità della comunità internazionale». Per questo, «dobbiamo rispondere con gli aiuti, anche militari». Perché oggi «l'Ucraina non difende soltanto se stessa», ma «difende la nostra pace, la nostra libertà, la nostra sicurezza». E ancora: «Difende quell'ordine multilaterale basato sulle regole e sui diritti che abbiamo faticosamente costruito dal Dopoguerra in poi».

E il tema degli «aiuti militari» non è affatto secondario. È stato oggetto della lunga conversazione telefonica di lunedì scorso tra Biden, Johnson, Macron, Scholz e Draghi, tornato al tavolo dei big dopo alcune esclusioni che avevano fatto discutere. Quasi un'ora di confronto durante la quale tutti si sono trovati d'accordo sul continuare a sostenere la resistenza ucraina. Espressione che, forse non casualmente, utilizza il premier italiano durante il suo intervento alle Camere, dove celebra la «resistenza eroica del popolo ucraino». Alla quale l'Italia è pronta a dare un contributo nei prossimi giorni, con l'invio di altre armi anticarro e antiaeree. Ma è concreta la possibilità che il nostro Paese possa aumentare anche il contingente di uomini sul campo sul fronte est dell'Europa. Dopo i 250 militari che già si è deciso di inviare in Ungheria, infatti, si sta valutando la possibilità di inviarne altrettanti anche in Bulgaria.

In questo scenario, è evidente che i dubbi sollevati ieri da Matteo Salvini non sono passati inosservati a Palazzo Chigi. A chiosa dell'intervento in Aula di Draghi, infatti, il leader della Lega ci ha tenuto a prendere di fatto le distanze dal premier, spiegando che «le armi non sono la soluzione». «Chiedo che la diplomazia riprenda il suo spazio e speriamo che questa giornata porti consiglio a tutti», dice infatti Salvini. Il punto, però, è che il premier continua a considerare la via del confronto ancora lontana dall'essere percorsa. E non certo per la mancanza di volontà dell'Ue o della stessa Ucraina. Quanto per gli evidenti dubbi sulla reale intenzione di Mosca di aprire una trattativa. «Le sanzioni che abbiamo concordato insieme ai nostri partner europei e del G7 - spiega infatti Draghi - hanno l'obiettivo di indurre il Cremlino a cessare le ostilità e a sedersi al tavolo dei negoziati». Sedersi, aggiunge, «con serietà» e «soprattutto con sincerità».

Infine, il premier ribadisce l'intenzione dell'Italia di diversificare le nostre fonti di approvvigionamento energetico. E insiste sull'accoglienza dei rifugiati. «Oltre 60mila dall'inizio della guerra», dice, la maggior parte dei quali donne e bambini.

«Gli italiani - spiega Draghi - hanno spalancato le porte delle proprie case e delle scuole ai profughi ucraini, con quel senso di accoglienza che è l'orgoglio del nostro Paese». E «continueremo a farlo», perché «l'Italia non intende girarsi dall'altra parte».

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