di Flaminia Pace
L'elezione di Sanae Takaichi a primo ministro del Giappone segna una svolta silenziosa ma profonda. Un cambio di passo nella forma più giapponese possibile: senza proclami, ma con la forza di chi sa che la continuità può essere più rivoluzionaria della rottura.
Takaichi arriva al potere dopo anni di lavoro ministeriale e dietro le quinte. È una politica di sostanza, cresciuta nell'alveo del Partito Liberal Democratico, il pilastro del conservatorismo nipponico. La sua leadership nasce dal merito e dalla pazienza, due parole che in Occidente abbiamo dimenticato. Nel suo linguaggio non c'è teatralità, c'è metodo. È l'eredità di Shinzo Abe, ma filtrata da una sobrietà personale: meno ideologia, più realismo, più cura dei dettagli.
Il suo progetto è lineare: rafforzare il Giappone partendo dai suoi fondamenti sicurezza, industria, formazione, tecnologia, demografia temi che affronta come questioni di governo, non di propaganda. Ha promesso di "restituire fiducia ai cittadini e orgoglio alla nazione". In un Paese che vive l'ansia del declino, è una promessa di normalità e di rinascita.
Molti l'hanno paragonata a Margaret Thatcher. Entrambe hanno capito che la politica conservatrice deve unire senso del limite e capacità di decidere. Thatcher restituì al Regno Unito fiducia nella competenza; Takaichi prova a fare lo stesso con un Giappone ingessato dalla prudenza. Credono che la forza dello Stato nasca dal rigore e che la libertà economica abbia bisogno di ordine.
La stampa internazionale la descrive con rispetto e diffidenza: il Financial Times parla di "una conservatrice disciplinata con un senso quasi militare del dovere", Le Monde di "durezza compassata", The Economist di "un Paese liberale guidato da una leader che parla di radici più che di rivoluzione". È l'immagine di una premier che non cerca consenso, ma rispetto e lo ottiene.
La sua originalità, nel contesto asiatico, è quella di una leader conservatrice che parla di crescita e coesione, difesa e modernizzazione. Vuole un Giappone che conosca se stesso: nessuna retorica del riscatto, nessuna guerra culturale. Solo la convinzione che un popolo resta libero quando resta efficiente.
Il Giappone, scegliendo lei, ha scelto la calma: una calma attiva e consapevole, la calma di chi sa che il futuro non lo inventano i visionari, ma chi si prende la responsabilità di custodirlo.
E viene in mente Mishima: "La tradizione è la forma più nobile
del coraggio, perché non teme il tempo ma lo attraversa".È la frase che descrive il Giappone di Sanae Takaichi: un Paese che non si aggrappa al passato, ma lo usa come fondamento per restare se stesso nel mondo che cambia.