Il premier sconfitto adesso vuole le urne per imporre il no deal

In testa nei sondaggi, se vincesse potrebbe fermare la proroga della Brexit

Il premier sconfitto adesso vuole le urne per imporre il no deal

Londra - Quando lo scorso primo agosto i conservatori persero le elezioni suppletive di Brecon e Radnorshire a favore dei LibDem, la loro maggioranza parlamentare ufficiale scese a 1. Avessero mantenuto il seggio, la questione non sarebbe mutata: non avrebbero avuto i numeri per far passare la linea di una Brexit do or die con cui Johnson aveva vinto la corsa a Downing Street. L'uscita senza accordo era già stata bocciata dal Parlamento durante il governo May e l'opposizione conservatrice a tale scenario si era rafforzata con la formazione di un governo a trazione leave, che abbandonava ogni velleità di parlare anche alla parte remain dei tory.

Cosa ha portato Johnson a continuare su una strada di contrapposizione al Parlamento? L'idea di elezioni anticipate per poter guadagnare la maggioranza dell'aula. Non che non creda alla possibilità di fermare il Parlamento nella corsa a una legge anti no deal: la bozza approvata ieri dai Comuni dovrà essere votata anche dai Lord oggi e domani; qui ci sarà il tentativo del governo di rallentare i lavori per impedire il completamento dell'iter legislativo prima della prorogation della prossima settimana che bloccherebbe i lavori parlamentari. Ma la via è stretta e le possibilità di vittoria per Johnson sono limitate. Ne è consapevole il primo ministro, lo è il suo consigliere principale Dominic Cummings che ha fatto sua la massima politica di Bismarck di tenere due ferri nel camino. Dovesse fallire il tentativo di bloccare il Parlamento, il piano B sono le elezioni che la narrativa governativa sta preparando da settimane. La gente è stanca di Brexit e vuole voltare pagina così, a cadenza regolare, sono diffuse dai ministeri misure-annuncio focalizzate sulla politica interna, sul contrasto alla criminalità, sul servizio sanitario nazionale.

Ieri nel primo pomeriggio il cancelliere allo scacchiere Sajid Javid ha presentato il budget del nuovo governo che mira a «girare pagina sull'austerità» degli ultimi dieci anni conservatori. È tempo di riprendere a spendere, è tempo di nuove elezioni.

I sondaggi danno i conservatori avanti di 10 punti sul Labour (si veda Politico.eu), un effetto Boris c'è stato (come questo si traduca in seggi è un altro discorso). Accreditarsi quindi come il partito della Brexit a qualunque costo (da cui anche l'espulsione in massa senza precedenti dei 21 ribelli di martedì) mira a recuperare i fuoriusciti nel Brexit Party di Farage mentre la perdita di elettori al centro sarà minimizzata perché in parte indirizzata verso il Labour, in parte verso i LibDem. La retorica di Johnson di queste ore mira ad attirare Corbyn verso la trappola delle elezioni. Lo hanno fiutato anche i più stretti collaboratori del leader laburista che ripete da tre anni di voler andare a elezioni anticipate ed è ora consigliato di mordere il freno e attendere fino a novembre. Il rischio? Se Johnson dovesse vincere le elezioni a metà ottobre (propone il 15) farebbe poi ritirare il rinvio della Brexit in corso di approvazione in questi giorni prima del 19 ottobre, termine indicato dalla legge per chiedere un rinvio all'Ue. Rinvio che costituirebbe per Johnson la fine della sua carriera politica.

Le elezioni anticipate chieste ieri da Johnson non hanno ottenuto l'appoggio dei 2 terzi dei deputati richiesti dalla legge, con il Labour e i LibDem che si sono opposti.

Difficile, dati i rapporti di forza, che il governo possa emendare l'attuale legge e ridurre la soglia di parlamentari necessari per andare al voto. Dovrà quindi indurre il Labour ad accettare la sfida. Ma fino a quando Corbyn resisterà alle sirene delle urne? Mancano 65 giorni.

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