Politica

Il premier a-social fantasma sul web

Mario Draghi è un'anomalia. Dal punto di vista social, s'intende. In quanto è totalmente a-social, nel senso che in rete è impossibile trovare un suo profilo.

Il premier a-social fantasma sul web

Mario Draghi è un'anomalia. Dal punto di vista social, s'intende. In quanto è totalmente a-social, nel senso che in rete è impossibile trovare un suo profilo. Niente di niente. Niente Facebook, niente Twitter, niente Instagram. Per carità, non che ci aspettassimo di trovarlo su Linkedin, anche perché non ha certo bisogno di mettere on line il suo curriculum per cercar lavoro, ma gli esseri umani che non smanettano sulle reti sociali oramai si contano sulla punta delle dita. Invece l'uomo più discusso del momento, il più studiato, il più spulciato, quello più sotto i riflettori, dal punto di vista social è un ectoplasma, non esiste. O meglio: esiste, ma nelle parole degli altri. Nei meme di chi lo sfotte, negli status di chi ne festeggia il salvifico arrivo (la maggior parte) e nei soliti gruppi complottardi che lo vedono come il burattinaio di tutte le più losche macchinazioni al mondo. L'uomo che influenza maggiormente la scena politica attuale, paradossalmente, è tutto fuorché un influencer, inteso nel senso digitale del termine. La comunicazione del premier incaricato è - almeno fino a questo momento - totalmente tradizionale: comunicati stampa, dichiarazioni o discorsi pubblici, al massimo interventi sapientemente soppesati sui quotidiani. Il silenzio web di Draghi ci coglie dopo anni di ubriacatura da social media, con le dirette fiume di Giuseppe Conte su Facebook ritardate ad hoc per aumentare il numero di follower, i cinguettii al veleno di Renzi, la poderosa macchina da guerra mediatica di Salvini (suadentemente ribattezzata «la bestia») e la logorrea tweettarola di Trump (fino a quando non lo hanno messo in punizione dietro la lavagna). Ci mancava poco che i social media manager consigliassero ai politici di aprire canali anche su Youporn e Onlyfans con la scusa di aumentare «lo spettro del proprio pubblico». La scelta di Draghi, dunque, è una sorpresa. Perché ormai - nell'era in cui le persone si pesano più per i like e i follower che per le idee - sembrava quasi impossibile che un premier, seppur semplicemente incaricato, potesse essere digitalmente afono. Certo, nel momento in cui dovesse insediarsi a palazzo Chigi, avrebbe immediatamente le chiavi degli account ufficiali della presidenza del Consiglio. D'altronde pure il Papa ha un profilo Instagram.

Ma, per il momento, dopo tanta cagnara, godiamoci questo breve silenzio social.

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