La denuncia di una nonna disperata e arrabbiata. Un'indagine quasi «trascurabile» ma che, in breve, ha rivelato qualcosa di terribile. L'incubo dei nostri giorni. Il terrorismo jiadista, gli attacchi, gli uomini bomba. I nostri vicini di casa, immigrati ormai italiani, pronti a farsi e farci saltare per aria. A uccidere e morire.
È da una storia come questa, da una sparizione apparentemente banale e che in tempi nemmeno remoti nulla avrebbe avuto di illegale, che carabinieri e polizia hanno raccolto il bandolo della matassa. Un filo intricato, contorto eppure lungo fino all'orrore, quello della Siria. Del Califfato, delle strategie di morte e terrore, che insanguinano anche l'Europa. A noi non è ancora toccato. Ma oggi, ancora una volta, scopriamo che poco ci è mancato. Carabinieri del Ros e polizia hanno sventato l'attacco. Obbiettivo primo, Roma, terra di Giubileo e ora più che mai di Cristianità. Quattro gli aspiranti «martiri» islamici fermati i tempo, altri due latitanti ( i coniugi Koraichi) sono lontani, già arruolati tra le milizie dei tagliagole.
Fino a una anno fa erano gente normale, questi ultimi, una coppia quasi qualunque. Lei italiana, lui marocchino, tre figli piccoli. «Siamo partiti, non cercarci, non ci vedrai mai più», le ultime parole che Fabienne Schirru sentì pronunciare al telefono da sua figlia. E Alice Brignoli, 39 anni, quella promessa l'aveva mantenuta. Dal marzo del 2015 era svanita nel nulla assieme col marito Mohamed Koraichi, 32 anni, cresciuto in Lombardia da genitori immigrati. Con loro i tre bambini di 7, 6 e un anno e mezzo. Era dal 2008 che i due erano convertiti all'Islam. Un passo dopo l'altro fino all'oltranzismo. Incredibile quanto una scelta di fede possa travalicare i confini della ragione. Fino ad approdare alla follia del male più bieco. Dalla loro casa popolare in via Provinciale a Bulciaghetto, villaggio della Brianza Lecchese, un giorno, come fosse una vacanza, se ne partirono in auto. Per imbarcarsi prima su un traghetto dal Sud Italia diretto in Turchia,poi per proseguire fino alla prima frontiera dell'Is. La loro «terra promessa», ricorda di averli sentititi dire la nonna. «Capivano chi combatteva nel nome di Allah, ripetevano di essere anche loro pronti a morire. Due pazzi furiosi». Ripercorrendo le tappe di questi nostrani foreign fighter eccoci arrivare al presente, a quando l'altra notte poliziotti e uomini del Ros, hanno smantellato la cellula che progettava di colpire la Capitale e l'ambasciata israeliana. Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale di Milano, hanno portato all'arresto della sorella di Mohamed, Wafa Koraichi, cameriera in una pizzeria di Baveno, 24 anni, qui residente dal 2013, sposata. «Non hanno mai dato problemi», racconta ora scioccata il sindaco donna della cittadina, 4.800 abitanti in provincia di Verbania, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore. Insomma, insospettabili. Lupi quasi solitari. Proprio come un'altra coppia residente in provincia di Lecco, lui pugile professionista, campione in Svizzera di boxe thailandese, Abderrahim Moutaharrik, marocchino-italiano di 24 anni, e sua moglie Salma Bencharki, di 26. Anche loro progettavano di raggiungere presto il teatro del conflitto siro-iracheno, portando con sé i figli di 2 e 4 anni. Sono finiti in cella, i bambini finiranno in affidamento. Ala coppia si sarebbe dovuto unire Abderrahmane Khachia, 33 anni, residente a Brunello (Varese), fratello di un altro combattente già morto in Siria.
Sia a lui che al boxeur- che prometteva «sarò io il primo ad attaccare il Vaticano», era arrivata via WhatsApp la «tazkia», ovvero -spiegano gli investigatori- «la chiamata alle armi sia per raggiungere i territori dell'Isis, sia per porre in essere attentati in Italia». A concedere il «privilegio», mandando loro un messaggino sotto forma di poema, un «sultano» con una barba ancora da identificare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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